Ricorso proposto dalla Regione Veneto (Codice fiscale 80007580279
- Partita I.V.A. n. 02392630279), in  persona  del  Presidente  della
Giunta regionale dott. Luca Zaia (Codice  fiscale  ZAILCU68C27C957O),
autorizzato con  delibera  della  Giunta  regionale  n.  1412  del  5
settembre 2017 (doc. n. 1), rappresentato e  difeso,  per  mandato  a
margine del presente atto, tanto  unitamente  quanto  disgiuntamente,
dagli   avv.ti   Ezio   Zanon   (Codice   fiscale   ZNNZEI57L07B563K)
coordinatore dell'Avvocatura regionale, prof. Luca  Antonini  (Codice
fiscale NTNLCU63E27D869I) del Foro di Milano e  Luigi  Manzi  (Codice
fiscale MNZLGU34E15H501V) del Foro  di  Roma,  con  domicilio  eletto
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri n. 5  (per
eventuali   comunicazioni:   fax   06/3211370,   posta    elettronica
certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org), contro il  Presidente
del Consiglio  dei  ministri  pro  tempore,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e'  domiciliato
ex lege in Roma, Via dei Portoghesi  n.  12,  per  la  dichiarazione,
previa istanza di sospensione, di illegittimita'  costituzionale  del
decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante «Disposizioni urgenti  in
materia  di  prevenzione  vaccinale»,  cosi'  come   convertito   con
modificazioni  dalla  legge  n.  119  del  31  luglio  2017,  recante
«Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7  giugno
2017, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia  di  prevenzione
vaccinale», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del  5  agosto
2017, sia nella sua interezza, sia in relazione all'art. 1, commi  1,
1-bis, 1-ter, 2, 3, 4, 6-ter; nonche' in relazione agli  articoli  3;
3-bis; 4; 5; 5-quater e 7. 
 
                                Fatto 
 
    La Regione Veneto ha promosso ricorso in via d'azione  contro  il
decreto-legge 7 giugno  2017,  n.  73  (ric.  n.  51,  depositato  in
cancelleria il 21 luglio 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale -
Serie speciale - Corte  costituzionale  n.  32  del  9  agosto  2017)
ritenendo che tale decreto preveda disposizioni  che  si  pongono  in
contrasto  con  la  Costituzione  e  in  violazione  della  autonomia
legislativa, amministrativa e finanziaria regionale. 
    Lo stesso decreto-legge e' stato convertito con la legge  n.  119
del 2017 senza  rimuovere  le  disposizioni  lesive  delle  autonomia
regionale  e/o  quantomeno  senza  modificarle  in  misura  tale   da
determinarne il  venire  meno  della  stessa  lesivita'.  La  Regione
Veneto, pertanto, ritiene di impugnare l'intero  decreto-legge  e  in
ogni caso le norme dello stesso  indicate  in  epigrafe,  cosi'  come
risultanti dalla legge di conversione. 
    Nello specifico,  e'  preliminare  ribadire  che  il  Governo  ha
emanato  il  suddetto  decreto-legge,  ritenuta   «la   straordinaria
necessita' ed  urgenza  di  emanare  disposizioni  per  garantire  in
maniera omogenea sul territorio nazionale le attivita'  dirette  alla
prevenzione, al contenimento e  alla  riduzione  dei  rischi  per  la
salute pubblica e di assicurare il costante mantenimento di  adeguate
condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e  di
copertura vaccinale». E  perche'  ha  ritenuto  altresi'  «necessario
garantire il  rispetto  degli  obblighi  assunti  e  delle  strategie
concordate a livello  europeo  e  internazionale  e  degli  obiettivi
comuni fissati nell'area geografica europea». 
    Senza  che  sia  dato  rinvenire  a  quali  obblighi  europei   o
internazionali si faccia  riferimento  (dal  momento  che  l'European
Vaccine Action plan 2015-2020, emanato dalla sezione europea dell'OMS
(1) e'  basato  sulla  informazione  e  la  responsabilizzazione  del
cittadino e in nessuna parte  del  programma  si  parla  di  obblighi
vaccinali  da  introdurre),  e  pertanto   dovendosi   escludere   la
riconducibilita'  dell'intervento  alla  materia  della   «profilassi
internazionale», in particolare,  quanto  alle  singole  disposizioni
impugnate, l'art. 1 del decreto-legge, cosi'  come  risultante  dalle
modifiche apportate dalla legge di conversione, stabilisce, ai  commi
1 e 1-bis, «Al fine di assicurare la tutela della salute  pubblica  e
il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in
termini   di   profilassi   e   di    copertura    vaccinale    ...»,
l'obbligatorieta' per i minori di eta' compresa tra zero e 16 anni, e
per tutti i minori stranieri non accompagnati, di 10 (e non piu'  12)
vaccinazioni, a carattere gratuito, indicate in  base  al  Calendario
vaccinale nazionale riferito a ciascuna coorte di nascita. 
    Il comma 1-ter prevede poi  la  possibilita',  per  il  Ministero
della salute, di disporre la cessazione dell'obbligatorieta' per  uno
o piu'  delle  vaccinazioni  previste  al  comma  1-bis  (relative  a
anti-morbillo;  anti-rosolia;  anti-parotite;  anti-varicella)  sulla
base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni
avverse, delle coperture vaccinali raggiunte, nonche' degli eventuali
eventi  avversi  segnalati  dalla  Commissione  per  il  monitoraggio
dell'attuazione dei nuovi LEA, istituita con decreto ministeriale del
19 gennaio 2017. 
    A tale scopo si provvede con un decreto, da adottare decorsi  tre
anni dalla data di entrata in vigore della legge di  conversione  del
decreto-legge, e successivamente con cadenza  triennale,  sentiti  il
Consiglio superiore di sanita', l'Agenzia italiana del farmaco  e  la
Conferenza Stato-regioni, previo parere delle competenti  Commissioni
parlamentari. Se gli schemi di decreto non  vengono  presentati  alle
Camere nei termini  sopra  previsti,  il  Ministro  della  salute  e'
chiamato a trasmettere alle stesse una relazione con  le  motivazioni
della mancata presentazione, oltre che i dati epidemiologici e quelli
sulle coperture vaccinali. 
    Con  tali  disposizioni  si  estende  quindi  il   novero   delle
vaccinazioni  obbligatorie  attualmente  previste  (la   vaccinazione
antidifterica:  legge  6  giugno  1939,  n.  891;   la   vaccinazione
anti-tetanica:  legge  5  marzo  1963,  n.   292;   la   vaccinazione
antipoliomielitica: legge 4 febbraio 1966, n. 51  e  la  vaccinazione
anti-epatite virale B: legge 27 maggio 1991, n. 165),  elevandole  da
quattro   a   dieci    e    includendovi    anche    l'anti-pertosse,
l'anti-Haemophilus    influenzae     tipo     b,     l'anti-morbillo,
l'anti-rosolia, l'anti-parotite e l'anti-varicella. 
    Le  uniche  due  ipotesi  di  esenzione  dall'obbligo   vaccinale
previste dal decreto-legge sono: 
      a) l'«avvenuta immunizzazione a seguito di  malattia  naturale,
comprovata dalla notifica effettuata dal  medico  curante,  ai  sensi
dell'art. 1 del decreto del Ministro della sanita' 15 dicembre  1990,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 6 dell'8 gennaio 1991,  ovvero
dagli esiti dell'analisi  sierologica»,  che  esonera,  salvo  quanto
previsto dal secondo periodo del medesimo comma,  dall'obbligo  della
relativa vaccinazione (comma 2);  
      b)  l'«accertato  pericolo  per  la  salute,  in  relazione   a
specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal  medico  di
medicina generale o dal  pediatra  di  libera  scelta»,  che  possono
consentirne l'omissione o il differimento (comma 3). 
    Nel successivo comma 4 dello stesso articolo si prevede quindi un
dettagliato sistema di controlli e  sanzioni  volto  a  garantire  il
rispetto degli obblighi di cui ai commi 1 e 1-bis. 
    In particolare, il primo periodo del comma 4, prevede che in caso
di mancata osservanza  dell'obbligo  vaccinale  di  cui  al  presente
articolo, i genitori  esercenti  la  responsabilita'  genitoriale,  i
tutori e i soggetti affidatari siano convocati dall'azienda sanitaria
locale territorialmente  competente  per  un  colloquio  al  fine  di
fornire ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e  di  sollecitarne
l'effettuazione. 
    In  ogni  caso,  per  la  mancata  osservanza   dell'obbligo   di
effettuare le vaccinazioni, il secondo periodo del comma  4,  prevede
che sia comminata, a carico dei genitori esercenti la responsabilita'
genitoriale o dei tutori ovvero dei soggetti affidatari, una sanzione
amministrativa pecuniaria, da 100 a 500 euro  (nel  testo  originario
del decreto era prevista una sanzione da 500 a 7.500 euro). 
    Tuttavia il terzo periodo del comma 4 prevede una preventiva fase
di   contestazione,   da   parte   dell'azienda   sanitaria    locale
territorialmente  competente,  con   conseguente   esclusione   della
sanzione  qualora  il  vaccino  o  la  prima  dose  vaccinale   siano
somministrati nel termine indicato nell'atto di contestazione  ed  il
ciclo sia completato nel rispetto della  tempistica  stabilita  nella
schedula vaccinale in relazione all'eta'. 
    Il quarto periodo del comma 4 fa rinvio, per  l'accertamento,  la
contestazione e l'irrogazione delle sanzioni  in  esame,  alle  norme
generali (in quanto compatibili) sulle sanzioni amministrative di cui
al capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981,  n.  689,  e
successive modificazioni. Viene quindi disposto, nel  quinto  periodo
del  comma   4,   che   all'accertamento,   alla   contestazione   ed
all'irrogazione  provvedono  gli   organi   competenti   secondo   la
disciplina regionale (o delle province autonome). 
    Il comma 5 viene soppresso e il successivo comma 6-ter,  assegna,
con riferimento al rispetto degli obiettivi del calendario  vaccinale
nazionale, alla «Commissione per il monitoraggio dell'attuazione  del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  di  definizione  e
aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza», il  compito  sia
di verifica dell'attuazione (del suddetto calendario) sia  quello  di
individuazione,  nei  casi  di  mancata,  ritardata  o  non  corretta
applicazione,  di  congrui  procedure  e  strumenti.  Prevede  quindi
l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Governo, in  presenza
di specifiche condizioni di rischio per la salute pubblica, ai  sensi
dell'art.  120,  secondo  comma  della  Costituzione  e  secondo   le
procedure di cui all'art. 8 della legge n. 131/2003. 
    Tale sistema e' integrato dalle disposizioni, qui  impugnate,  di
cui agli articoli 3, 4, 5, 5-quater e 7 del decreto-legge. 
    In particolare, l'art. 3, cosi' come modificato  dalla  legge  di
conversione, al comma 1, detta tempi e modi per la  presentazione  da
parte dei genitori esercenti la  responsabilita'  genitoriale  e  dei
tutori,  all'atto  dell'iscrizione  dei  minori,  inclusi  i   minori
stranieri non accompagnati, alle istituzioni del sistema nazionale di
istruzione,  ai  servizi  educativi  per  l'infanzia,  ai  centri  di
formazione  professionale  regionale  e  alle  scuole   private   non
paritarie, della documentazione  «comprovante  l'effettuazione  delle
vaccinazioni obbligatorie indicate  all'art.  1,  commi  1  e  1-bis,
ovvero l'esonero, l'omissione  o  il  differimento  delle  stesse  in
relazione  a  quanto  previsto  dall'art.  1,  commi  2  e  3,  o  la
presentazione della formale  richiesta  di  vaccinazione  all'azienda
sanitaria  locale»,  stabilendo,  al  comma   2,   che   la   mancata
presentazione della documentazione nei termini previsti  -  salva  la
disposizione transitoria dell'art. 5 per l'anno scolastico  2017/2018
- e' segnalata, entro i successivi  dieci  giorni,  dai  responsabili
delle  suddette  istituzioni,  «all'azienda  sanitaria  locale   che,
qualora la medesima  o  altra  azienda  sanitaria  non  si  sia  gia'
attivata in ordine alla violazione del  medesimo  obbligo  vaccinale,
provvede  agli  adempimenti   di   competenza   e,   ricorrendone   i
presupposti, a quelli di cui all'art. 1, comma 4».  Al  comma  3  del
medesimo art. 3 si precisa quindi che per  i  servizi  educativi  per
l'infanzia e le scuole dell'infanzia, ivi incluse quelle private  non
paritarie, «la presentazione della documentazione di cui al  comma  1
costituisce requisito di accesso», mentre  per  gli  altri  gradi  di
istruzione,  e  per  i  centri  di  formazione   professionale,   «la
presentazione della documentazione di cui al comma 1 non  costituisce
requisito di accesso alla scuola o al centro ovvero agli esami».  Con
il comma  3-bis,  inserito  dalla  legge  di  conversione,  e'  stato
disposto che entro tre mesi dall'entrata in  vigore  della  legge  di
conversione, gli operatori scolastici, i  sanitari  e  gli  operatori
sociosanitari presentano agli istituti  scolastici  ed  alle  aziende
sanitarie in cui  prestano  servizio  una  dichiarazione  sostitutiva
comprovante la propria situazione vaccinale. 
    L'art. 3-bis, inserito dalla  legge  di  conversione,  stabilisce
che, a decorrere dall'anno  scolastico  2019-2020  e  dal  calendario
relativo al 2019-2020 dei servizi  educativi  per  l'infanzia  e  dei
corsi per i centri di formazione professionale regionale, si applichi
una nuova articolata procedura che  consiste  i)  nella  trasmissione
alle aziende  sanitarie  locali,  da  parte  dei  suddetti  dirigenti
scolastici e responsabili dei servizi educativi per l'infanzia e  dei
centri di formazione professionale  regionale,  entro  il  10  marzo,
dell'elenco degli iscritti di eta' compresa tra zero e sedici anni  e
minori stranieri non accompagnati per l'anno  scolastico  (o  per  il
calendario) successivo; ii) nella restituzione di  tali  elenchi,  da
parte delle  aziende  sanitarie  locali,  entro  il  10  giugno,  con
l'indicazione dei soggetti  che  risultino  non  in  regola  con  gli
obblighi vaccinali, che non rientrino nelle  situazioni  di  esonero,
omissione  o  differimento  delle  vaccinazioni  e  che  non  abbiano
presentato formale richiesta di vaccinazione; iii)  nell'invito,  nei
dieci giorni successivi all'acquisizione degli elenchi, da parte  dei
suddetti dirigenti scolastici e responsabili  dei  servizi  educativi
per l'infanzia, dei centri di formazione  professionale  regionale  e
delle scuole private non paritarie, ai  genitori,  ai  tutori  ed  ai
soggetti  affidatari,  a  depositare,  entro   il   10   luglio,   la
documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni  ovvero
l'esonero,  l'omissione  o  il  differimento  delle  stesse,   o   la
presentazione  della  formale  richiesta  di  vaccinazione  alla  ASL
competente; iv) nella trasmissione, entro il 20 luglio, da parte  dei
dirigenti  scolastici  e  dei  responsabili  sopracitati  all'azienda
sanitaria locale della documentazione pervenuta o della comunicazione
dell'eventuale mancato deposito, in modo  che  l'azienda  medesima  -
qualora la stessa o altra azienda non si sia gia' attivata in  ordine
alla violazione del medesimo obbligo - provveda agli  adempimenti  di
competenza;  v)  nella  previsione,  per  i  servizi  educativi   per
l'infanzia e per  le  scuole  dell'infanzia,  della  decadenza  dalla
iscrizione in caso di mancata presentazione della documentazione. 
    In tal modo si precisa che solo a decorrere dall'anno  scolastico
2019-2020 la mancata presentazione della documentazione  nei  termini
previsti determinera', per i servizi educativi per l'infanzia  e  per
le scuole dell'infanzia, la decadenza  dall'iscrizione  (art.  3-bis,
comma 5), mentre  ai  sensi  dell'art.  3,  comma  3,  per  gli  anni
scolastici  2017/2018  e  2018/2019,  ovvero  nella   suddetta   fase
transitoria, la presentazione della documentazione vaccinale entro la
data prevista costituisce un  mero  requisito  di  accesso,  per  cui
riguardo  ai  bambini  gia'  iscritti  alla  frequenza  dei   servizi
educativi  per  l'infanzia  ed  alle   scuole   dell'infanzia   prima
dell'entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  la   mancata
presentazione della documentazione prevista costituisce irregolarita'
ma non sembra determinare la decadenza dall'iscrizione. 
    Pertanto per l'anno 2017/2018 se l'iscrizione  e'  gia'  avvenuta
prima dell'entrata in vigore della legge di conversione sembrerebbero
non  esserci,  in  caso  di  inottemperanza  dell'obbligo  vaccinale,
conseguenze  preclusive  all'accesso  ai  servizi  ed   alle   scuole
dell'infanzia e non sembrerebbero riguardare neppure la  prosecuzione
dell'accesso ai servizi ed alle scuole dell'infanzia, dal momento che
l'iscrizione avviene d'ufficio per gli anni successivi. 
    L'art. 4 regola poi l'inserimento dei  minori  nelle  istituzioni
scolastiche ed educative in  relazione  all'adempimento  dell'obbligo
vaccinale,  prevedendo  che:  «1.  I  minori  che  si  trovano  nelle
condizioni di cui all'art. 1, comma 3, sono inseriti,  di  norma,  in
classi nelle quali sono presenti solo minori vaccinati o immunizzati,
fermi  restando  il  numero  delle  classi  determinato  secondo   le
disposizioni vigenti e i limiti di cui all'art. 1, comma  201,  della
legge  13  luglio  2015,  n.  107,  e  all'art.  19,  comma  7,   del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. 2. I dirigenti  scolastici  delle
istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili  dei
centri di formazione professionale regionale e delle  scuole  private
non paritarie comunicano all'azienda sanitaria locale,  entro  il  31
ottobre di ogni anno, le classi nelle quali sono presenti piu' di due
minori non vaccinati». 
    L'art. 5 contiene disposizioni transitorie  e  finali  e  prevede
dispone  che  per  l'anno  scolastico  2017/2018  la   documentazione
comprovante l'effettuazione dei vaccini ovvero l'omissione, l'esonero
o il differimento delle stesse debba avvenire entro il  10  settembre
2017  presso  i  servizi  educativi  per  l'infanzia  e   le   scuole
dell'infanzia, ed entro il 31 ottobre 2017 presso le istituzioni  del
sistema  nazionale  di  istruzione   e   i   centri   di   formazione
professionale regionale. In caso di  presentazione  di  dichiarazione
sostitutiva  la  documentazione  comprovante  l'effettuazione   delle
vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro  il  10  marzo
2018.  
    Il comma 1-bis del medesimo articolo,  inserito  dalla  legge  di
conversione, prevede  che,  al  fine  di  agevolare  gli  adempimenti
vaccinali introdotti dalla legge di conversione del decreto in esame,
le  regioni  e  le  province  autonome  possono  prevedere   che   la
prenotazione gratuita  delle  vaccinazioni  di  cui  all'articolo  1,
avvenga, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso
le farmacie convenzionate  aperte  al  pubblico  mediante  il  centro
unificato di prenotazione. 
    L'art. 5-quater, introdotto dalla legge di  conversione,  propone
un richiamo esplicito alla legge n. 210/1992 (Indennizzo a favore dei
soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa  di
vaccinazioni  obbligatorie,   trasfusioni   e   somministrazioni   di
emoderivati), disponendo che essa si applichi a tutti i soggetti che,
a  causa  delle  vaccinazioni  indicate  nell'articolo   1,   abbiano
riportato  lesioni  o  infermita'  dalle  quali  sia   derivata   una
menomazione permanente dell'integrita' psico-fisica. 
    L'art. 7, non modificato  dalla  legge  di  conversione,  infine,
contiene le disposizioni finanziarie affermando che  l'unico  maggior
onere della normativa  introdotta  con  il  decreto-legge  e'  quella
inerente alla formazione: «1. Agli oneri derivanti dall'art. 2, comma
3, pari a duecentomila euro per l'anno  2017,  si  provvede  mediante
corrispondente  riduzione  dell'autorizzazione  di   spesa   di   cui
all'articolo  1  della  legge  18   dicembre   1997,   n.   440.   2.
Dall'attuazione del presente decreto, a eccezione delle  disposizioni
di cui all'art. 2, comma 3, non  devono  derivare  nuovi  o  maggiori
oneri a carico della finanza pubblica. 3. Il Ministro dell'economia e
delle finanze e' autorizzato ad apportare,  con  propri  decreti,  le
occorrenti variazioni di bilancio». 
    Lo scopo dichiarato della normativa qui impugnata e'  di  rendere
obbligatorie le vaccinazioni nei  confronti  di  malattie  a  rischio
epidemico, al fine di raggiungere e mantenere «la soglia del  95  per
cento, soglia raccomandata dall'OMS per la cosiddetta  «immunita'  di
gregge», per proteggere, cioe', indirettamente anche coloro che,  per
motivi di salute, non possono vaccinarsi, sul presupposto che: 
      a) a partire dal 2013  si  sarebbe  registrato  in  Italia  «un
progressivo e inesorabile  trend  in  diminuzione  del  ricorso  alle
vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, che  ha  determinato
una copertura vaccinale al di sotto del 95 per cento»; 
      b) nello stesso periodo si sarebbe registrato «un  preoccupante
aumento» dei casi di malattie infettive (specialmente del morbillo  e
della rosolia), anche «in fasce di eta' diverse da quelle classiche e
con   quadri   clinici   piu'   gravi   e   un    maggiore    ricorso
all'ospedalizzazione», «oltre alla ricomparsa di  malattie  ormai  da
tempo debellate anche in ragione del consistente fenomeno  migratorio
che interessa, ormai da diversi anni, il nostro Paese»; 
      c) dal rapporto dell'OMS «World Health Statistics»,  pubblicato
il 17 maggio 2017, emergerebbe che «le coperture italiane,  oltre  ad
essere tra le piu' basse d'Europa, risultano inferiori  a  quelle  di
alcuni Paesi africani». 
    Tutto cio' renderebbe  «necessario  ed  urgente  adottare  misure
idonee ad  estendere  e  rendere  effettivi  gli  obblighi  vaccinati
vigenti, anche in conformita' al principio  di  precauzione,  secondo
cui, in presenza di un alternativa che presenti  un  rischio  per  la
salute umana - anche non del tutto accertato - il  decisore  pubblico
deve  optare  per  la  soluzione  che  consenta  di  neutralizzare  o
minimizzare  il  rischio»  (v.  p.  4  della  Relazione   al   d.d.l.
C-4533/2017 per la conversione in legge del decreto-legge n.  73  del
2017; nonche', nello stesso senso, pagine 2 e 3 della  circolare  del
Ministero della salute del 12 giugno 2017, recante prime  indicazioni
operative per l'attuazione del decreto-legge n. 73 del 2017). 
 
                               Diritto 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'intero decreto-legge n. 73  del
2017 cosi' come convertito dalla legge n. 119 del  2017,  e  in  ogni
caso degli articoli 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4, 6-ter, nonche'
degli articoli 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater e 7,  cosi'  come  convertiti
dalla legge n. 119 del 2017, per violazione dell'articolo  77,  comma
2, della Costituzione, in combinato disposto con  gli  articoli  117,
commi 3 e 4, e 118 della Costituzione. 
    1.1 - E' preliminare ribadire che la Regione Veneto non  contesta
in alcun modo la validita'  dei  programmi  di  vaccinazione,  avendo
impostato la propria legislazione  in  termini  decisamente  convinti
della opportunita' di perseguirli (legge  Regione  Veneto  n.  7  del
2007), dimostrando altresi' il raggiungimento di elevati  livelli  di
copertura, attraverso un modello  basato  sul  consenso  informato  e
sull'alleanza terapeutica rivolta ad una adesione  consapevole,  come
avviene nella maggior parte dei Paesi europei. 
    Quello che la Regione contesta e' un intervento statale,  attuato
impropriamente con lo strumento della decretazione di urgenza e senza
che sia dato rinvenire a quali obblighi europei o  internazionali  si
riferisca,  che:  i)  impone  con  pesanti  coercizioni  un   obbligo
collettivo di ben dieci vaccinazioni; ii) non ha precedenti storici a
livello internazionale (nemmeno in periodi bellici  o  post-bellici);
iii) finisce - in ogni caso, anche se  le  vaccinazioni  obbligatorie
sono state ridotte rispetto alle  dodici  inizialmente  previste  dal
decreto-legge - per rendere l'Italia il Paese con il  maggior  numero
di vaccinazioni obbligatorie in Europa e probabilmente al mondo. 
    1.2 - Da questo punto di vista, le disposizioni impugnate  devono
essere dichiarate incostituzionali in primo luogo  per  insussistenza
dei presupposti di cui all'art. 77, comma 2, Cost.,  che  ammette  la
decretazione  d'urgenza  all'esclusivo  fine  di  fronteggiare   casi
straordinari di necessita' ed urgenza. 
    Come  ha  recentemente  ribadito  codesta  ecc.ma  Corte  con  la
sentenza n. 220  del  2013,  l'adozione  di  un  decreto-legge  trova
infatti la propria legittimazione  unicamente  nella  sussistenza  di
casi   straordinari   che   necessitino   di   essere    disciplinati
immediatamente, in modo  adatto  a  fronteggiare  le  sopravvenute  e
urgenti necessita'. 
    Nel caso di  specie  e'  evidente  invece  la  mancanza  di  tali
presupposti e in ogni caso l'arbitraria valutazione degli stessi, con
conseguente  violazione  dell'art.  77,  comma  2,  Cost.  (cfr.,  ex
plurimis, Corte cost. sentenze n. 133 del 2016, n. 10 del 2015, n. 22
del 2012, n. 93 del 2011, n. 355 e n. 83 del 2010, n. 128  del  2008,
n. 171 del 2007). E' altrettanto pacifico,  nella  giurisprudenza  di
codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale,  che  i   vizi   inerenti   i
presupposti di necessita' e urgenza non sono sanati  dalla  legge  di
conversione, risolvendosi in un vizio in procedendo della stessa,  in
quanto «affermare che la legge di conversione sana  in  ogni  caso  i
vizi  del  decreto  significherebbe   attribuire   in   concreto   al
legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale
delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla  produzione
delle fonti normative» (sent. n. 71 del 2007, nonche' sentenze numeri
22 del 2012 e 220 del 2013). 
    Contrariamente   a   quanto   dichiarato   nel   preambolo    del
decreto-legge e affermato dal Governo e dal  Ministero  della  Salute
negli atti sopra citati, infatti, ad oggi non  esiste  nella  Regione
Veneto  alcuna  situazione  di  sanita'  pubblica  in  relazione   al
complesso delle patologie indicate all'art. 1, commi 1 e  1-bis,  del
decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertito, che  giustifichi
il ricorso a una decretazione d'urgenza  che,  travolgendo  l'attuale
modello regionale fondato sul  consenso  informato  (legge  regionale
Veneto n. 7 del 2007, sul quale si rimanda al p.to 2.3 del  ricorso),
disponga l'introduzione della  vaccinazione  obbligatoria  per  dieci
patologie. 
    Per  dimostrarlo  e'  preliminare  fare  riferimento  ai  criteri
attualmente in uso presso la comunita' scientifica per la valutazione
delle emergenze sanitarie connesse a rischi epidemici e ai  documenti
pubblicati dalle istituzioni nazionali e internazionali competenti in
materia. 
    La c.d. «immunita' di  gruppo»  o  «immunita'  di  gregge»  (herd
immunity)  viene  considerata  come  l'immunita'  o   la   resistenza
collettiva a un determinato agente patogeno mostrata da parte di  una
comunita' o da parte di una popolazione umana. (2) . 
    L'immunita' di  gregge  e'  assicurata  all'interno  di  ciascuna
comunita' quando la copertura  vaccinale  e'  superiore  alla  soglia
critica individuata per  ogni  singola  patologia  in  uno  specifico
contesto. 
    Ne consegue che una situazione di necessita' e urgenza in  ambito
sanitario puo'  insorgere  soltanto  quando  la  copertura  vaccinale
scenda al di sotto della soglia critica. 
    Appare quindi del tutto arbitraria  la  motivazione  portata  dal
Governo, nella relazione al decreto-legge, per  cui  l'Organizzazione
mondiale della sanita' (d'ora in avanti OMS) avrebbe raccomandato  il
raggiungimento della  soglia  di  copertura  vaccinale  del  95%  per
garantire la c.d. «immunita' di  gregge»  in  relazione  a  tutto  il
complesso di patologie indicate nell'art. 1, comma 1. 
    Valga il vero: la soglia  del  95%  e'  stata  indicata  dall'OMS
nell'European Vaccine Action Plan 2015-2020   (3)  solo  come  soglia
ottimale (c.d. «Goal 4»), mai come soglia critica, e  unicamente  per
il complesso DTP (difterite-tetano-pertosse). 
    Il Piano nazionale di prevenzione vaccinale (d'ora in  poi  PNPV)
2017-2019,  (4)  approvato  il  19  gennaio  2017  dalla   Conferenza
Stato-regioni, ha poi previsto la soglia ottimale  di  copertura  del
95% per il 2019, da  raggiungere  mediante  le  specifiche  strategie
regionali, per  meningite,  rosolia,  varicella  e  papilloma  virus,
indicando, anche in questo caso, tale soglia sempre come obiettivo  e
mai come soglia critica (pagine 13-14). 
    La soglia del 95% di copertura vaccinale non e' quindi mai  stata
indicata dall'OMS, ne' da altra  istituzione,  quale  soglia  critica
generale al di sotto della quale potrebbe determinarsi l'insorgere di
un rischio epidemico. 
    Per diverse malattie sono  infatti  disponibili  da  molto  tempo
studi dettagliati, utili per definire, mediante  modelli  matematici,
la propagazione dei diversi agenti patogeni. Adottando questi modelli
si individuano i c.d. parametri critici (c.d. «tasso di riproduzione»
e «andamento dell'incidenza») relativi  all'andamento  epidemiologico
di malattie infettive quali il morbillo, la rosolia, la parotite ecc. 
    Previa definizione della soglia critica di ciascuna patologia  in
ciascun  contesto,  da  raggiungere   per   ottenere   il   controllo
dell'agente patogeno, e' cosi'  possibile  individuare  la  strategia
ottimale per il contrasto dell'infezione  in  un  determinato  ambito
spazio-temporale (che e' quindi, lo si ribadisce, del  tutto  diversa
dalla  soglia  critica),   analizzando   l'effetto   delle   campagne
vaccinati, valutando  lo  stato  dell'immunita'  di  gregge  da  esse
indotta  e  tenendo  conto  delle  eventuali  controindicazioni   dei
vaccini, come indicato dalla seguente tabella, elaborata  dall'OMS  e
dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention  degli  USA)  per
alcune   patologie   (difterite,   morbillo,   parotite,    pertosse,
poliomielite, rosolia e vaiolo)  (5) 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Tali dati dimostrano innanzitutto che non esiste un'unica  soglia
critica  (che  nella  motivazione   delle   norme   impugnate   viene
arbitrariamente indicata in modo generalizzato nel  95%)  valida  per
tutti gli agenti patogeni in tutti i contesti, dovendosi tenere conto
nella   sua   individuazione   di   molteplici   fattori    biologici
(aggressivita' del batterio o del virus responsabile della patologia,
modi di contagio ecc.), ambientali (condizioni igieniche dei  luoghi,
temperatura, umidita' ecc.) e socio-economici (livello di  nutrizione
e  di  istruzione  della  popolazione,  condizioni  igieniche   degli
individui ecc.)  (6) 
    In conclusione, l'adozione della soglia  del  95%  -  considerata
come «ottimale» (mai  come  «critica»)  dalle  istituzioni  sanitarie
nazionali e internazionali per alcune malattie (e non  per  tutte)  -
quale criterio generale per la valutazione del rischio epidemico  nel
territorio italiano con riferimento alle dieci diverse  patologie  di
cui all'art. 1, commi 1 e 1-bis, del decreto-legge n.  73  del  2017,
cosi' come convertito, appare dunque del  tutto  arbitraria,  essendo
priva di qualsiasi giustificazione scientifica o normativa.  (7) 
    Del tutto indebita e',  quindi,  la  generalizzazione  addotta  a
fondamento del presupposto  di  straordinaria  necessita'  e  urgenza
delle norme impugnate. 
    A ulteriore conferma di quanto affermato si  riporta  di  seguito
uno stralcio della DGR 2319 del 28 luglio 2009  (8) , che approva  il
documento  di  monitoraggio  (elaborato  sotto  il  controllo   delle
autorita' governative ai sensi dell'art. 3, legge Regione Veneto n. 7
del 2007) sulla sospensione  dell'obbligo  vaccinale  previsto  dalla
stessa legge. 
    «Soglia critica  di  copertura.  La  definizione  di  una  soglia
critica di copertura ha come riferimento limite la soglia di  rischio
per la salute pubblica che per alcune malattie sottende  al  concetto
di herd  immunity.  Tuttavia  non  essendo  tale  limite  estesamente
applicabile  a  tutte  le  malattie  e   precisamente   definito   in
popolazioni  altamente  immunizzate,  abbiamo  ritenuto  di  definire
soglie  critiche  che  ragionevolmente  tengono  conto  anche   degli
obiettivi del Sistema Vaccinale (Tabella 1.1). 
    I livelli di attenzione  e  di  allarme  si  misurano  e  vengono
monitorati a tutti  i  livelli  di  sorveglianza  secondo  lo  schema
precedentemente illustrato nella tabella 1.0. Gli indicatori verranno
semestralmente valutati da ogni distretto/AULSS e le eventuali azioni
correttive verranno immediatamente messe in atto a livello locale non
appena  rilevate,  secondo  l'ordine  di  priorita'  riportato  nella
tabella 1.2. 
    In sede regionale verra' considerato sia il dato medio  regionale
sia i dati per AULSS. Le situazioni di raggiungimento del  limite  di
allarme saranno attentamente valutate anche in  relazione  alla  loro
distribuzione territoriale dal comitato regionale, che  decidera'  in
merito all'attuazione delle azioni conseguenti. In sintonia  con  uno
degli indicatori di efficienza del sistema definiti piu'  avanti,  si
ritiene che il raggiungimento della soglia  di  allarme  per  il  25%
delle  ULSS,  possa   costituire   motivo   per   la   riapplicazione
dell'obbligo    vaccinale.    Sara'    compito     della     Comitato
tecnico-scientifico  stabilire  inoltre  se  il  provvedimento  sara'
applicato estesamente a tutte le vaccinazioni  o  interessera'  anche
solo una di queste». 
 
       Tabella 1.1  - Obiettivi e soglie critiche di copertura 
 
    Da quanto sopra esposto si dimostra l'arbitraria  identificazione
del  presupposto  di  straordinaria  necessita'  e  urgenza  posto  a
fondamento delle norme impugnate. 
    Evidentemente  arbitrario  e  irragionevole  risulta  infatti  il
presupposto su cui le stesse  si  basano,  per  cui  il  cui  mancato
raggiungimento nell'anno in corso della soglia del 95%  di  copertura
vaccinale per tutte le patologie  indicate  all'art.  1,  commi  1  e
1-bis,  del  decreto-legge,  cosi'  come  convertito,  determinerebbe
l'insorgere di una situazione tale da giustificare  il  ricorso  alla
decretazione  d'urgenza  ex  art.  77,  comma  2,  Costituzione,  con
imposizione alle Regioni di una disciplina dettagliata sul sistema di
somministrazione dei vaccini in una materia di competenza legislativa
concorrente come la «tutela della salute». 
    In  forza  della  distinzione,  pacificamente   acquisita   dalla
comunita' scientifica, tra soglia critica e soglia ottimale, si  deve
ribadire che nella Regione Veneto non esiste  alcuna,  generalizzata,
situazione che giustifichi il ricorso alla decretazione d'urgenza. 
    Nella  Regione,  infatti,  le   coperture   vaccinali   si   sono
stabilmente attestate negli ultimi anni al di sopra del  90%  per  la
maggior parte delle patologie indicate all'art. 1, commi 1  e  1-bis,
decreto legislativo n. 73 del 2017, e in ogni caso al di sopra  della
soglia critica per tutte le altre (semmai, a seconda degli  studi  di
riferimento, con la sola eccezione del morbillo e della parotite,  le
cui coperture nel 2016 per i nati 2014, rispettivamente dell'89,19% e
dell'89,07%,  sono  comunque  di  due  punti  superiori  alla   media
nazionale e in sensibile crescita rispetto all'anno precedente), come
risulta dai dati  pubblicati  sul  sito  dell'Istituto  Superiore  di
Sanita' (9) E' altresi' importante  considerare  un  piu'  aggiornato
studio effettuato  dalla  Regione  del  Veneto  a  febbraio  2017,  e
inserito nel Report dell'attivita' vaccinale 2016 (10) in cui  si  e'
valutata la copertura vaccinale per poliomielite e morbillo per tutti
i soggetti residenti e domiciliati sul territorio regionale  di  eta'
compresa tra i 2 e i 18 anni  (oltre  780  mila  soggetti).  Da  tale
studio risulta che per la polio la copertura complessiva e' del 94,5%
e per il morbillo e' del 92,6%. 
    Cio' conferma che, allo  stato  attuale,  in  Veneto  non  esiste
un'effettiva situazione sanitaria che  giustifichi  il  ricorso  alla
decretazione d'urgenza (cfr. doc. n. 2: Tabella riassuntiva copertura
Regione del  Veneto  e  definizione  della  soglia  minima)  tale  da
giustificare  un  intervento  del  legislatore  statale   che   porta
improvvisamente a introdurre dieci vaccinazioni  obbligatorie  per  i
minori di eta' compresa tra zero e sedici anni. 
    Solo in relazione al morbillo nella Regione Veneto, come anche in
altre  regioni  italiane,  si  verifica,  secondo  alcuni  dati,  una
situazione di copertura nazionale pari a 87,26% (11) , che sarebbe al
di  sotto  della  soglia  critica  secondo  quando  afferma  il  PNPV
2017-2019 (p. 27), ma va precisato che lo studio  della  Regione  del
Veneto, citato in precedenza, sui soggetti  tra  i  2  e  i  18  anni
dimostra una situazione lontana dalla situazione di allarme. 
    In ogni caso, e' dirimente precisare che a questa  situazione  le
norme impugnate non sono in grado di  rispondere  adeguatamente,  dal
momento   che   l'attuale   epidemia   di   morbillo:   i)   riguarda
prevalentemente adolescenti di eta' superiore ai 16 anni  (mentre  le
norme impugnate stabiliscono l'obbligo di vaccinazione «per i  minori
di eta' compresa tra zero e sedici anni»), con una  eta'  mediana  27
anni, ii) il numero di casi di morbillo su persone vaccinate e' alto,
iii) non esiste una correlazione tra copertura  vaccinale  (5/6  anni
seconda  dose)  e  casi  di  morbillo,   come   risulta   certificato
dall'Istituto superiore di sanita' (12) 
    Anche  in  questo  caso,  quindi,  si  conferma   l'assenza   del
presupposto di necessita' e urgenza delle norme impugnate. 
    La mancanza dei presupposti  richiesti  dall'art.  77,  comma  2,
Costituzione, per il ricorso alla decretazione d'urgenza  -  oltre  a
rappresentare  un   vizio   di   incostituzionalita'   in   se'   del
decreto-legge  impugnato,  rilevabile  in   sede   di   giudizio   di
legittimita' in via incidentale - fa venir  meno  l'esigenza  di  una
disciplina dettagliata sul sistema di somministrazione  dei  vaccini,
qual e' quella prevista dall'intero decreto-legge n. 73 del  2017,  e
in ogni caso dagli articoli 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2, 3, 4, 6-ter,
3; 3-bis; 4; 5; 5-quater e 7, cosi' come convertiti  dalla  legge  n.
119 del 2017, da applicarsi in modo uniforme in tutto  il  territorio
nazionale. 
    1.3. Va inoltre evidenziato che le norme impugnate  non  sono  in
realta' destinate a  «operare  immediatamente,  allo  scopo  di  dare
risposte normative rapide a situazioni bisognose di  essere  regolate
in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti  necessita'»,
come invece richiesto da codesta ecc.ma  Corte  costituzionale  nella
sentenza n. 220 del 2013. 
    Infatti, in base  all'art.  3,  comma  1  - sebbene  i  dirigenti
scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione ed i
responsabili dei servizi educativi  per  l'infanzia,  dei  centri  di
formazione  professionale  regionale  e  delle  scuole  private   non
paritarie siano tenuti, all'atto dell'iscrizione del minore  di  eta'
compresa  tra  zero  e  sedici  anni  e  del  minore  straniero   non
accompagnato, a richiedere ai genitori esercenti  la  responsabilita'
genitoriale e ai tutori la  presentazione  di  idonea  documentazione
comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni indicate  all'art.  1,
commi 1 e 1-bis - si stabilisce che a tale fine  e'  sufficiente  «la
presentazione della formale  richiesta  di  vaccinazione  all'azienda
sanitaria  locale  territorialmente  competente,  che  eseguira'   le
vaccinazioni obbligatorie secondo la schedula vaccinale  prevista  in
relazione  all'eta',  entro  la  fine  dell'anno  scolastico   o   la
conclusione  del  calendario  annuale  dei  servizi   educativi   per
l'infanzia e dei corsi  per  i  centri  di  formazione  professionale
regionale». 
    Inoltre, l'art. 5, comma 1, stabilisce che per l'anno  scolastico
2017/2018 e per il  calendario  annuale  dei  servizi  educativi  per
l'infanzia e dei corsi  per  i  centri  di  formazione  professionale
regionale,  «la  documentazione  comprovante  l'effettuazione   delle
vaccinazioni obbligatorie puo' essere sostituita dalla  dichiarazione
resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000,  n.  445;  in  tale   caso,   la   documentazione   comprovante
l'effettuazione   delle   vaccinazioni   obbligatorie   deve   essere
presentata entro il 10 marzo 2018». 
    Infine, l'art. 3-bis, inserito dalla  legge  di  conversione,  ha
addirittura  efficacia   differita   di   un   anno,   perche',   per
l'applicazione della nuova articolata procedura  di  comunicazione  e
verifica dei soggetti in  regola  con  l'adempimento  degli  obblighi
vaccinali, fa riferimento non all'anno scolastico  2017/2018,  bensi'
all'anno scolastico 2019-2020 e al calendario relativo  al  2019-2020
dei servizi educativi per l'infanzia e dei  corsi  per  i  centri  di
formazione professionale regionale. 
    Ma vi e' di piu'. 
    Dal confronto tra l'art. 3, comma 3, e la disposizione  dell'art.
3-bis, comma 5, emerge, infatti, che la decadenza dall'iscrizione  e'
prevista solo a partire dall'anno  2019/2020,  mentre  per  gli  anni
scolastici   2017/2018   e   2018/2019   la    presentazione    della
documentazione vaccinale entro la data prevista costituisce  un  mero
requisito di accesso, per cui riguardo ai bambini gia' iscritti  alla
frequenza  dei  servizi  educativi  per  l'infanzia  ed  alle  scuole
dell'infanzia prima dell'entrata in vigore della legge di conversione
la mancata presentazione della  documentazione  prevista  costituisce
irregolarita' ma non sembra determinare la decadenza dall'iscrizione.
Pertanto per l'anno 2017/2018 se l'iscrizione e' gia' avvenuta  prima
dell'entrata in vigore della legge di conversione non pare  vi  siano
conseguenze  preclusive  all'accesso  ai  servizi  ed   alle   scuole
dell'infanzia e in ogni caso nessuna preclusione sembra riguardare la
prosecuzione dell'accesso ai servizi ed  alle  scuole  dell'infanzia,
dal momento che l'iscrizione avviene d'ufficio gli  anni  successivi,
in  cio'  quindi  risultando  vanificato  l'obiettivo  dichiarato  di
ottenere un aumento rapido delle coperture vaccinali. 
    Inoltre, come chiarito dalla circolare del Ministero della salute
del    16    agosto    2017,    recante     indicazioni     operative
(http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2017
&codLeg=60282&parte=1%20&serie=null),  la  sanzione  per  il  mancato
rispetto dell'obbligo viene applicata una sola  volta  («La  sanzione
per la medesima violazione non sara' comminata nuovamente  all'inizio
di  ogni  anno  scolastico»,  pag.  9),  consentendo   quindi,   solo
attraverso il pagamento di una unica sanzione, il mantenimento  nelle
classi di soggetti non  vaccinati  fino  al  calendario  relativo  al
2019-2020 dei servizi educativi per l'infanzia  e  dei  corsi  per  i
centri di formazione professionale regionale. 
    Peraltro, in relazione alla  scuola  dell'obbligo,  dove  non  il
rispetto dell'obbligo vaccinale  non  costituisce  ne'  requisito  di
accesso, ne'  determina  decadenza  dalla  iscrizione,  il  pagamento
dell'unica sanzione esonera di fatto dall'obbligo della vaccinazione. 
    Anche sotto questo profilo, quindi,  si  conferma  la  violazione
dell'art. 77, comma 2, Costituzione,  dal  momento  che  le  suddette
discipline contraddicono ulteriormente  il  dichiarato  obiettivo  di
ottenere in tempi brevi un elevato grado di copertura vaccinale. 
    1.4.  L'impugnata  disciplina  del  decreto-legge,   cosi'   come
risultante dalla legge di conversione, in ogni caso,  travolgendo  il
sistema in vigore nella Regione Veneto fondato sul consenso informato
e  condizionando  l'accesso  dei  minori  ai  servizi  scolastici  ed
educativi, ridonda (cfr. Corte  costituzionale  sentenza  n.  22  del
2012, ma, ancora prima, sentenza n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003)  in
una lesione delle competenze legislative e  amministrative  regionali
in materia di «tutela della salute» (relative all'organizzazione e al
funzionamento del Servizio sanitario  regionale)  e  di  «istruzione»
(relative all'erogazione dei servizi educativi per l'infanzia e  alla
garanzia da parte della Regione del diritto allo  studio  nell'ambito
delle istituzioni scolastiche ed educative),  di  cui  agli  articoli
117, comma 3 e 4, e 118, comma 1, Costituzione, che risultano  incise
dalla disciplina statale senza alcuna giustificazione. 
    Si rimanda, in merito, anche a quanto esposto, in approfondimento
circa la ridondanza, nei punti 2.7 e 2.8 del ricorso. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 1-bis,  2,  3,
4, 6-ter, nonche' degli articoli 3, 3-bis, 4, 5,  5-quater  e  7  del
decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertiti  dalla  legge  n.
119 del 2017, per violazione degli articoli 2, 3, 5, 31, 32,  34,  97
della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, commi
3 e 4, e 118 della Costituzione. 
    2.1. Le disposizioni impugnate  si  dimostrano  ingiustificate  e
comunque  eccessive  rispetto  allo  scopo  dal  momento  che,   come
dimostrato nel punto 1 del ricorso, sulla base della distinzione  tra
soglia critica e soglia ottimale si deve escludere l'esistenza di una
generalizzata  emergenza  sanitaria  che  giustifichi   l'imposizione
dell'obbligo di dieci vaccinazioni. 
    Le   suddette   norme   devono   pertanto    essere    dichiarate
incostituzionali - oltre che per i motivi addotti al punto precedente
- anche per violazione: i) del diritto alla salute e del diritto allo
studio (articoli 2, 32 e 34 della Costituzione); ii) dei principi  di
ragionevolezza e di proporzionalita'  (art.  3  della  Costituzione),
iii) del principio di buon andamento  dell'amministrazione  (art.  97
della Costituzione), iv) del principio pluralista di cui  all'art.  5
della Costituzione. Tutte le suddette violazioni ridondano,  come  si
dimostrera',  v)  in  una  illegittima  compressione   dell'autonomia
regionale, anche autonomamente  considerata,  relativa  alle  materia
sanita' e istruzione di cui agli articoli 117, comma 3  e  4,  e  118
della Costituzione. 
    2.2. L'art. 32 della Costituzione, infatti, nel  riconoscere,  al
comma 1, la salute come «fondamentale diritto dell'individuo», tutela
una delle massime espressioni della liberta', quella  di  non  essere
sottoposti a cure o  terapie  che  non  siano  liberamente  scelte  o
accettate: solo uno stato di necessita' per la salute pubblica  puo',
infatti, consentire al legislatore l'imposizione  di  un  trattamento
sanitario. 
    In tal caso, tuttavia, il  legislatore  deve  rispettare  le  due
condizioni poste dal comma 2 dello  stesso  articolo.  La  prima,  di
natura formale, per cui l'obbligo  di  sottoporsi  a  un  determinato
trattamento puo' essere previsto solo  da  una  legge  ordinaria;  la
seconda, di natura sostanziale, per cui in nessun caso possono essere
violati «i limiti imposti dal rispetto della persona umana». 
    Si  e'  pertanto  in  presenza  di  una  riserva  di  legge  c.d.
«rinforzata», che stabilisce una stretta correlazione fra  la  salute
dell'individuo e i valori della persona umana, nel senso  che,  anche
quando sia in gioco la salute collettiva,  il  trattamento  sanitario
non sara' consentito ove non rispetti il «limite  irriducibile  della
persona umana» (13) , in forza del  principio  personalista  (art.  2
della Costituzione) cui e' informato  l'intero  ordinamento  italiano
(14) . 
    Da  qui   assume   rilievo   costituzionale   il   principio   di
autodeterminazione della persona in materia di trattamenti  sanitari,
«che inerisce al diritto di ciascuno alla salute  in  quanto  diritto
fondamentale» (sentenza n. 207 del 2012, ma si veda anche la sentenza
n. 162  del  2014,  dove,  sebbene  ad  altri  fini,  viene  comunque
precisato che  «la  generale  liberta'  di  autodeterminarsi  ...  e'
riconducibile agli articoli 2, 3 e  31  della  Costituzione,  poiche'
concerne  la  sfera  privata  e   familiare.   Conseguentemente,   le
limitazioni di tale liberta', ed in particolare un  divieto  assoluto
imposto  al  suo   esercizio,   devono   essere   ragionevolmente   e
congruamente giustificate dall'impossibilita' di tutelare  altrimenti
interessi di pari rango (sentenza n. 332 del 2000)»). 
    Il principio di autodeterminazione, intrinsecamente  legato  alla
tutela della dignita' della persona (15) e'  inoltre  riconosciuto  e
tutelato da numerose norme del  diritto  dell'Unione  europea  e  del
diritto  internazionale,  che,  sebbene  non  trattino   in   maniera
specifica il problema delle vaccinazioni, contribuiscono a rafforzare
una lettura in senso personalista dell'art. 32 della Costituzione, in
base alla quale ogni intervento diretto a realizzare la profilassi di
talune malattie infettive e diffusive a fini  immunologici,  dovrebbe
per cio' stesso soggiacere a quel limite  insuperabile  rappresentato
dalla salvaguardia dei beni fondamentali quali la vita,  l'integrita'
psico-fisica, la dignita' umana e la riservatezza. 
    In particolare nel diritto dell'Unione europea,  i  diritti  alla
dignita' e all'autodeterminazione sono richiamati dagli articoli 1  e
3  della  Carta  dei  diritti   fondamentali   dell'Unione   europea,
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, che, come e' noto, ha  assunto
lo stesso valore giuridico dei trattati con il  Trattato  di  Lisbona
(cfr. art. 6, par. 1, TUE). 
    L'art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
afferma, infatti, che «la dignita' umana e' inviolabile»,  mentre  il
successivo art. 3  sancisce  che  «ogni  individuo  ha  diritto  alla
propria integrita' fisica e psichica» (comma  1)  e  che  nell'ambito
della  medicina  e  della  biologia  deve   essere   in   particolare
rispettato, tra gli altri, «il  consenso  libero  e  informato  della
persona interessata,  secondo  le  modalita'  definite  dalla  legge»
(comma 2). 
    A livello internazionale, il  diritto  all'autodeterminazione  e'
espresso all'art. 8,  comma  1,  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti umani del 1950, ratificata e resa  esecutiva
con la legge 4 agosto 1955,  n.  848,  che  prevede  il  «diritto  al
rispetto della vita privata e familiare». 
    A cio' si aggiunga che l'art. 24 della  Convenzione  sui  diritti
del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989,  ratificata  e
resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n.  176,  premesso  che  gli
Stati «riconoscono il diritto del minore di godere del miglior  stato
di  salute  possibile  e  di  beneficiare  di  servizi  medici  e  di
riabilitazione», dispone  che  «tutti  i  gruppi  della  societa'  in
particolare i genitori ed i minori ricevano informazioni sulla salute
e sulla nutrizione del minore». 
    Ulteriori riconoscimenti del principio di  autodeterminazione  in
materia sanitaria si rinvengono poi negli articoli  5,  6  e  9  (16)
della Convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina, firmata  ad
Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata dall'Italia con  legge  28  marzo
2001, n. 145, il cui art. 5 stabilisce la «Regola generale»  per  cui
«un trattamento sanitario puo' essere praticato solo  se  la  persona
interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed informato». 
    Questo patrocinio, evidentemente,  non  ignora  che,  allo  stato
attuale, lo strumento di ratifica della Convenzione di Oviedo non  e'
stato ancora depositato, ma,  non  potra'  negarsi,  come  del  resto
affermato anche dalla giurisprudenza della Corte di  cassazione,  che
le norme ivi contenute rappresentano uno strumento interpretativo del
diritto vigente, in forza del  generale  consenso  consolidatosi  sul
piano internazionale sui  principi  e  sulle  regole  ivi  contenute,
nonche' in forza dell'adesione a quei  principi  e  a  quelle  regole
espresse dal Parlamento italiano nella legge di  autorizzazione  alla
ratifica (Cassazione civile - Sezione I, 16 ottobre 2007,  n.  21748)
(17) 
    Sulla base di tali  premesse  si  chiarisce  il  significato  del
diritto alla salute con riferimento al caso in cui la sua  dimensione
individuale confligga con quella collettiva:  in  tale  ipotesi,  che
ricorre  tipicamente  nel  caso  delle  vaccinazioni,   il   disposto
costituzionale    subordina    la    legittimita'    dell'imposizione
dell'obbligo di vaccinazione alla compresenza di  un  interesse,  non
altrimenti tutelabile, alla salute del singolo e della collettivita'. 
    In tal caso, dunque, occorre muoversi  nella  prospettiva  di  un
bilanciamento tra i due valori in questione e qui assume  rilievo  il
problema del «consenso informato» del destinatario della  prestazione
sanitaria che puo' trovare un contemperamento solo nella  necessita',
lo si ribadisce, non altrimenti tutelabile, di perseguire valori  che
possano porsi sullo stesso  livello  gerarchico  in  cui  si  colloca
quello del rispetto della persona umana. 
    Da questo punto di vista e' dirimente considerare che un  sistema
basato sul consenso informato e sull'alleanza  terapeutica  e'  stato
strutturato dalla Regione Veneto con la legge n. 7  del  2007  e  che
tale sistema ha consentito di raggiungere, come dimostrato nel  punto
1 del ricorso, un livello di copertura vaccinale al  di  sopra  della
soglia  critica.  Viene  quindi  meno   il   necessario   presupposto
dell'esistenza di valori non altrimenti tutelabili. 
    2.3. Coerentemente con il sistema costituzionale e  la  normativa
internazionale e sovranazionale, la Regione  Veneto,  a  partire  dal
2007,  ha  infatti  optato  per  una   strategia   incentrata   sulla
sensibilizzazione e l'accompagnamento dei genitori verso la scelta di
vaccinare i propri  figli,  escludendo  ogni  forma  di  coercizione,
ritenuta   in   contrasto   con   il   fondamentale   principio    di
autodeterminazione   in   materia   di   trattamenti    sanitari    e
controproducente al fine di assicurare un'elevata copertura vaccinale
su tutto il territorio regionale. 
    Peraltro, un percorso condiviso tra Stato e regioni  di  graduale
superamento dell'obbligo vaccinale era gia' stato definito nel  Piano
nazionale vaccini 2005-2007, oggetto di Accordo in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  Province
autonome di Trento e Bolzano (atto n. 2240 del 3 marzo 2005).  Tra  i
principali obiettivi di tale superamento  vi  era  la  necessita'  di
attenuare il contrasto tra gli ottimi risultati conseguiti in termini
di copertura per le vaccinazioni obbligatorie (relative a  difterite,
tetano, poliomielite ed epatite B) e i risultati  meno  incoraggianti
relativi  alle  vaccinazioni  raccomandate,   percepite   come   meno
importanti (cfr. Piano nazionale vaccini 2005-2007, p. 66). 
    In  questo  senso  veniva  avviato  un  percorso   culturale   di
sensibilizzazione sociale per il superamento di tale  differenza.  Il
Piano affermava  che  sarebbe  preferibile  «per  ogni  attivita'  di
prevenzione, l'impegno per l'informazione e la persuasione, piuttosto
che l'imposizione legale» (Piano nazionale vaccini 2005-2007, p. 66),
anche alla luce del fatto che «la qualita' e' stata poco  considerata
nei servizi vaccinali  perche'  il  vincolo  dell'obbligatorieta'  ha
rappresentato  una  sorta  di  freno  per  l'avvio  di  processi   di
miglioramento» (ivi, p. 84). 
    Di conseguenza, e' stato concesso alle  regioni  di  iniziare  un
periodo di sperimentazione della sospensione dell'obbligo  vaccinale,
subordinato al rispetto delle seguenti condizioni: 
      i) presenza di un sistema informativo regionale  efficace,  con
basi anagrafiche vaccinali ben organizzate; 
      ii) presenza di un'adeguata copertura vaccinale; 
      iii) presenza di un  sistema  di  sorveglianza  delle  malattie
trasmissibili sensibile e specifico; 
      iv) presenza di un buon sistema di  monitoraggio  degli  eventi
avversi al vaccino (cfr. Piano nazionale  vaccini  2005-2007,  pagine
66-67). 
    La Regione Veneto, con la legge 23 marzo 2007, n.  7,  ha  quindi
disposto la sospensione dell'obbligo  vaccinale  per  tutti  i  nuovi
nati, a far data dal 1° gennaio  2008,  delle  vaccinazioni  relative
alla difterite, al tetano, alla poliomielite e all'epatite  virale  B
(art. 1, comma 1, legge Regione Veneto n. 7/2007). Tali  vaccinazioni
hanno  comunque  continuato  a  costituire  livello   essenziale   di
assistenza, rimanendo  «offerte  attivamente  e  gratuitamente  dalle
aziende unita' locali socio sanitarie (ULSS)», e  «restando  inserite
nel calendario vaccinale dell'eta' evolutiva ... in conformita'  agli
indirizzi contenuti nel  vigente  Piano  nazionale  vaccini,  secondo
quanto previsto dalla normativa statale in materia» (art. 1, comma 2,
legge Regione Veneto n. 7/2007). Inoltre, e' rimasto salvo  l'obbligo
di  indennizzo  a  favore  di  soggetti  danneggiati  da  complicanze
irreversibili a causa di tali vaccinazioni (art. 1,  comma  3,  legge
Regione Veneto n. 7/2007). 
    La legge in questione ha poi previsto un  articolato  sistema  di
monitoraggio,   istituendo   innanzitutto   un    Comitato    tecnico
scientifico, nominato  dalla  giunta  regionale,  alle  cui  riunioni
partecipano, previa intesa con il Ministero della  salute,  anche  il
direttore del Centro nazionale per  la  prevenzione  e  il  controllo
delle malattie e un rappresentate dell'Istituto superiore di  sanita'
(art. 3, legge Regione Veneto n. 7/2007). Il Comitato e'  chiamato  a
redigere ogni  sei  mesi  un  documento  contenente  «la  valutazione
dell'andamento epidemiologico delle malattie  per  le  quali  la  ...
legge sospende l'obbligo vaccinale ed il monitoraggio  dell'andamento
dei tassi di copertura vaccinale nel territorio regionale»  (art.  3,
legge Regione Veneto n. 7/2007). 
    Qualora  si  manifesti  un  pericolo  per  la   salute   pubblica
conseguente al verificarsi  di  eccezionali  e  imprevedibili  eventi
epidemiologici collegati a tali malattie, oppure in caso  di  allarme
relativo ai tassi di copertura vaccinale, il presidente della  giunta
regionale e' tenuto a sospendere l'applicazione della legge de qua. 
    In seguito all'abolizione dell'obbligo, la prassi  seguita  dalla
Regione Veneto si e' quindi caratterizzata per  l'impegno  rivolto  a
una graduale sensibilizzazione e a un progressivo accompagnamento dei
genitori  verso  un  autonomo  convincimento  dell'importanza   della
vaccinazione dei bambini, mediante un sistema di comunicazione attivo
ma non invasivo. 
    L'ULSS competente, infatti, contatta i genitori  e  li  invita  a
portare i propri figli affinche' siano sottoposti alla  vaccinazione;
in caso di mancata  risposta  o  giustificazione,  viene  spedito  un
secondo invito e, qualora anche quest'ultimo rimanga inascoltato,  ne
viene inviato un terzo a mezzo raccomandata. (18) Inoltre, al fine di
contrastare la diffusione,  specialmente  nel  web,  di  informazioni
false  o  incomplete,  e'  stato  allestito   un   apposito   portale
istituzionale online al fine di favorire una diffusa conoscenza sulle
politiche regionali in materia di vaccinazione   (19) 
    A cio' si  aggiunga  che  la  Regione  Veneto  ha  predisposto  e
implementato molteplici progetti  a  sostegno  della  verifica  degli
effetti della sospensione dell'obbligo vaccinale. 
    Nello specifico: 
        i)  e'  stato  allestito  un   software   unico   a   livello
territoriale per la gestione delle vaccinazioni (20) ; 
        ii) e' stato attivato un programma per il contenimento  delle
malattie  infettive  prevenibili  con  vaccino  attraverso  strategie
efficaci per il mantenimento  delle  coperture  vaccinali  e  per  la
vaccinazione di gruppi e categorie a rischio (21) ; 
        iii) e' stata implementata la  sorveglianza  delle  patologie
collegate alle vaccinazioni, con particolare riguardo al monitoraggio
delle meningiti (22) ; 
        iv) e' stato avviato uno studio approfondito sui  determinati
del rifiuto vaccinale (23) ; 
        v) e' stato attivato un progetto di consulenza prevaccinale e
sorveglianza degli eventi avversi a vaccinazione, denominato  «Canale
Verde» (24) ; 
        vi) e' stato avviato un progetto  di  prevenzione  precoce  e
monitoraggio dei  comportamenti  e  delle  azioni  di  prevenzione  e
promozione della salute nei primi anni di vita (25) . 
    In seguito alla sospensione dell'obbligo vaccinale,  dopo  alcuni
anni nei quali il trend  di  copertura  e'  leggermente  calato,  pur
rimanendo a livelli molto elevati e ben al di sopra del 90% per tutte
le  quattro  vaccinazioni  ex  obbligatorie,  le  ultime  rilevazioni
effettuate dalla Regione Veneto mostrano una sensibile crescita della
copertura. 
    L'ultimo report sull'attivita' vaccinale del 2016 (26)  certifica
infatti che la copertura vaccinale  «normalizzata»  (il  cui  calcolo
esclude i bambini  italiani  domiciliati  all'estero,  gli  stranieri
temporaneamente rientranti nel Paese di origine, i  nomadi,  i  senza
fissa dimora e i non rintracciabili) per i  nati  della  coorte  2014
risultava in Veneto la seguente: vaccinazione contro la  poliomielite
92,0%; vaccinazione contro difterite  e  tetano  92,0%;  vaccinazione
contro l'epatite B 91,4%. 
    Inoltre, come dimostrano i  primi  dati  relativi  all'anno  2016
contenuti nel Report sul monitoraggio della sospensione  dall'obbligo
vaccinale, «Per  le  vaccinazioni  ex-obbligatorie  e  per  le  altre
offerte nel vaccino esavalente si riscontra  un  progressivo  aumento
delle coperture, che, iniziata per la coorte dei nati nel 2015 si  e'
ulteriormente rafforzata per la coorte 2016. Complessivamente  si  ha
una copertura del  91,6%  per  prima  dose  dell'esavalente  (tetano,
difterite, poliomielite, epatite B, pertosse ed hib)  per  la  coorte
2016. Tale valore sale per  la  sola  coorte  dei  nati  nel  secondo
semestre 2016, per la poliomielite al 92,6%, massimo  rilevate  nelle
ultime nove coorti semestrali» (27) . 
    A cio' si aggiunga che il modello applicato in Veneto al di fuori
delle vaccinazioni ex-obbligatorie ha condotto  a  coperture  elevate
anche con riferimento alle altre vaccinazioni raccomandate. Per molte
di queste, i tassi raggiunti (con riferimento ai  nati  della  coorte
2014, cui si riferiscono gli ultimi dati disponibili) sono  superiori
alla media nazionale:  morbillo  89,19%  (media  nazionale:  87,26%);
varicella 85,53% (media  nazionale  46,06%);  meningococco  C  90,64%
(media nazionale: 80,67%); parotite 89,07% (media nazionale: 87,20%);
rosolia 89,14% (media nazionale 87,19%) (28) . 
    Del  resto,   come   emerge   dall'approfondita   «Indagine   sui
determinanti  del  rifiuto  dell'offerta  vaccinale   nella   Regione
Veneto», condotta dal Dipartimento di  prevenzione  Azienda  ULSS  di
Verona, «la strategia vaccinale della Regione Veneto  di  sospensione
dell'obbligo e' vincente: non influisce  negativamente  sulle  scelte
dei  genitori  ma  permette,  nel  contempo,  di   aprire   spazi   e
possibilita'  di  confronto  che  sono  risultati  essere  una  forte
esigenza di tutta la popolazione» (29) . 
    Quest'ultima ricerca, inoltre, rivela  che  dal  punto  di  vista
statistico la sospensione dell'obbligo vaccinale gioca un  ruolo  del
tutto marginale sulla scelta dei  genitori  di  vaccinare  o  meno  i
propri figli (30) 
    Infine,  allo  scopo  di  estendere  ulteriormente  le  coperture
vaccinali ed evitare al contempo  eventuali  diminuzioni,  la  Giunta
della Regione Veneto ha recentemente adottato la DGR n. 1935  del  29
novembre 2016 (31)  con  la  quale,  oltre  a  ribadire  le  numerose
attivita' gia' svolte in termini di informazione e  sensibilizzazione
della popolazione, di formazione continua degli operatori sanitari  e
di controllo costante dei  dati,  e'  stato  disposto  l'avvio  delle
seguenti azioni: 
      i) predisposizione di accordi di collaborazione tra la  Regione
Veneto e gli ordini professionali e le associazioni sindacali per  la
segnalazione di controinformazione da parte degli operatori sanitari; 
      ii) attivazione di una campagna informativa  straordinaria  per
la popolazione generale; 
      iii) promozione di un'adeguata informazione  e  formazione  dei
professionisti sanitari; 
      iv) l'introduzione di una procedura con  cui  sara'  necessario
presentare,  per  l'accesso  a  nidi  e  scuole  per  l'infanzia,  la
documentazione sulle avvenute vaccinazioni, da inviare poi al sindaco
dell'ULSS territorialmente competente per la valutazione su eventuali
rischi  individuali  e/o  collettivi;  il  sindaco,  quale  autorita'
sanitaria  locale,  potra'  assumere  la  decisione  di   allontanare
temporaneamente  il  bambino  in  questione  dalla  struttura  o  non
ammetterlo alla frequenza, previo parere del  Servizio  di  igiene  e
sanita' pubblica (SISP). 
    Da quanto esposto, dunque, si evince come la Regione  Veneto  sia
particolarmente attenta alla gestione delle vaccinazioni nel  proprio
territorio,   consapevole   che   il    superamento    del    vincolo
dell'obbligatorieta' (a suo tempo condiviso con il governo  centrale)
rappresenta un importante valore aggiunto sia nel perseguimento degli
obiettivi  di  copertura,  sia  nella  diffusione  di  una   maggiore
consapevolezza da parte della popolazione nelle scelte riguardanti la
vaccinazione dei minori. 
    2.4. Alla luce degli  ottimi  risultati  conseguiti  dal  sistema
sperimentato dalla Regione Veneto (che la colloca stabilmente tra  le
migliori regioni italiane per copertura vaccinale rispetto a tutte le
patologie indicate dall'art. 1, comma  1,  decreto-legge  n.  73  del
2017), appare del tutto irragionevole e mancante di  proporzionalita'
la decisione del legislatore statale di imporre, in modo immediato  e
assolutamente automatico, il passaggio  da  una  strategia  vaccinale
basata sulla convinzione a una basata sulla coercizione. 
    Se e' vero, infatti, che l'art. 32 della Costituzione consente di
contemperare  il  diritto  individuale  alla  salute  e   alle   cure
liberamente  scelte   con   l'interesse   alla   salute   dell'intera
collettivita',  e'  anche  vero  che  il  bilanciamento  operato  dal
legislatore deve rispondere ai canoni della  ragionevolezza  e  della
proporzionalita',  la  cui  violazione  e'  sindacabile  in  sede  di
giudizio di legittimita' costituzionale. 
    Peraltro, nella sentenza n. 258 del 1994 codesta ecc.ma Corte  ha
stabilito  che  le  leggi  che  prevedono   l'obbligatorieta'   delle
vaccinazioni sono compatibili con il precetto costituzionale a tutela
della salute di cui all'art. 32 della  Costituzione,  in  virtu'  del
contemperamento tra i valori che tale articolo  contempla,  ossia  il
diritto alla salute della collettivita', da un  lato,  e  il  diritto
alla salute del singolo, dall'altro. 
    Tuttavia, e' ben lontano dalla giurisprudenza di  codesta  ecc.ma
Corte costituzionale affermare che la tutela della salute del singolo
debba cedere automaticamente di fronte al diritto alla  salute  della
collettivita': l'eventuale introduzione di una normativa che  imponga
l'obbligatorieta' dei vaccini deve muoversi, infatti, nell'ottica  di
un ragionevole bilanciamento delle due necessita'. 
    Cio' in quanto non si puo' dissolvere  la  solenne  proclamazione
del diritto alla salute nell'inciso «interesse della  collettivita'»,
con un'interpretazione della norma  che,  privilegiando  il  richiamo
all'interesse  generale,  traduca  automaticamente  e  a  prescindere
dall'esistenza di  un  modello  regionale  efficace,  un  diritto  in
soggezione avvalendosi dell'interesse generale, se  non  a  costo  di
modificare il modello stesso cui si informa la nostra Costituzione. 
    Il fondamentale diritto dell'individuo alla salute, dunque,  «non
puo' essere considerato in principio e in ogni caso cedevole, per  la
sua qualificazione di diritto sociale nei confronti del dovere  dello
Stato e dei provvedimenti  adottati  a  tutela  dell'interesse  della
collettivita'» (32) 
    Un'interpretazione  dell'art.  32,  comma  1,  Cost.,  diretta  a
privilegiare   oltre   misura   il   richiamo   all'interesse   della
collettivita', non potrebbe quindi mai essere  condivisa,  in  quanto
racchiuderebbe in  se'  «i  germi  per  una  completa  subordinazione
dell'interesse individuale a quello statale,  e,  condotta  alle  sue
implicite  ma  estreme  conseguenze,  potrebbe   (...)   giustificare
qualsiasi trattamento coattivo che possa  pero'  consentire  migliori
contributi dell'individuo al benessere sociale». (33) 
    E' stato proprio questo aspetto del bene della salute  umana  che
e' stato posto in evidenza dalla  giurisprudenza  di  codesta  ecc.ma
Corte costituzionale, a  partire  dalla  sentenza  n.  88  del  1979,
laddove si e'  affermato  che  il  bene  afferente  alla  salute  «e'
tutelato dall'art. 32 della  Costituzione  non  solo  come  interesse
della collettivita', ma anche e soprattutto come diritto fondamentale
dell'individuo, sicche' si configura  come  un  diritto  primario  ed
assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra  privati  (...),
da ricomprendere tra le posizioni  soggettive  direttamente  tutelate
dalla Costituzione». 
    Pertanto, il principio costituzionale del rispetto della  persona
umana, letto in stretto collegamento con l'art. 2 della Costituzione,
pone in primo piano il problema del consenso della persona che  debba
comunque sottoporsi a trattamenti sanitari;  una  necessita',  quella
del consenso, che puo' trovare un contemperamento solo in  dimostrate
e imprescindibili esigenze di tutela di valori che,  ai  fini  di  un
adeguato bilanciamento, possano porsi sullo stesso livello gerarchico
in cui si colloca quello del rispetto della persona umana. 
    Anche in tal caso, tuttavia, occorrerebbe sempre,  da  parte  del
legislatore, bilanciare e ponderare i due  valori  costituzionalmente
protetti, rappresentati dalla tutela della salute collettiva e  della
autodeterminazione,   che   l'obbligatorieta'   delle    vaccinazioni
conseguentemente  limita  in  riferimento  a  scelte  riguardanti  la
propria salute. 
    Codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale,  quindi,  nella   propria
giurisprudenza concernente le vaccinazioni obbligatorie  non  ha  mai
affermato che il diritto alla salute del singolo ceda il passo sic et
simpliciter al diritto alla salute collettiva. 
    Nella sentenza n. 118  del  1996  ha  anzi  affermato:  «L'esatto
inquadramento del problema  di  costituzionalita'  che  la  Corte  e'
chiamata a risolvere presuppone la  chiarificazione  del  significato
del diritto costituzionale alla salute con riferimento al caso in cui
la  sua  dimensione  individuale  confligga  con  quella  collettiva,
ipotesi che  puo'  ricorrere  tipicamente  nei  casi  di  trattamenti
sanitari  obbligatori,  tra   i   quali   rientra   la   vaccinazione
antipoliomielitica. 
    La disciplina costituzionale della  salute  comprende  due  lati,
individuale e soggettivo l'uno (la salute come «fondamentale  diritto
dell'individuo»),  sociale  e  oggettivo  l'altro  (la  salute   come
«interesse  della  collettivita'»).  Talora  l'uno  puo'  entrare  in
conflitto con l'altro, secondo un'eventualita' presente nei  rapporti
tra il tutto e le parti. In particolare - questo e' il caso  che  qui
rileva - puo'  accadere  che  il  perseguimento  dell'interesse  alla
salute della collettivita', attraverso trattamenti sanitari, come  le
vaccinazioni obbligatorie, pregiudichi il  diritto  individuale  alla
salute, quando tali trattamenti comportino, per la salute  di  quanti
ad essi devono sottostare, conseguenze indesiderate,  pregiudizievoli
oltre il limite del normalmente tollerabile. 
    Tali trattamenti sono leciti, per testuale  previsione  dell'art.
32, secondo comma, della Costituzione, il quale li assoggetta ad  una
riserva di legge, qualificata dal necessario rispetto  della  persona
umana e ulteriormente specificata da questa Corte, nella sentenza  n.
258  del  1994,  con  l'esigenza  che  si  prevedano  ad  opera   del
legislatore tutte le cautele preventive possibili, atte a evitare  il
rischio di  complicanze.  Ma  poiche'  tale  rischio  non  sempre  e'
evitabile,  e'  allora  che  la  dimensione  individuale   e   quella
collettiva entrano in conflitto. Il  caso  da  cui  trae  origine  il
presente giudizio di costituzionalita' ne e' un esempio». 
    Ha quindi  precisato  che:  «la  vaccinazione  antipoliomielitica
comporta infatti un rischio di contagio, preventivabile in astratto -
perche' statisticamente rilevato - ancorche' in  concreto  non  siano
prevedibili i soggetti che saranno colpiti  dall'evento  dannoso.  In
questa situazione, la legge che impone l'obbligo  della  vaccinazione
antipoliomielitica  compie  deliberatamente  una  valutazione   degli
interessi collettivi ed individuali in questione, al limite di quelle
che sono state denominate «scelte tragiche» del  diritto:  le  scelte
che una societa' ritiene di assumere in vista di un bene (nel  nostro
caso, l'eliminazione della poliomielite) che comporta il  rischio  di
un male (nel nostro caso,  l'infezione  che,  seppur  rarissimamente,
colpisce qualcuno dei suoi componenti).  L'elemento  tragico  sta  in
cio', che sofferenza e benessere non  sono  equamente  ripartiti  tra
tutti, ma stanno integralmente a danno degli uni o a vantaggio  degli
altri. 
    Finche' ogni  rischio  di  complicanze  non  sara'  completamente
eliminato attraverso lo sviluppo della  scienza  e  della  tecnologia
mediche - e per la vaccinazione antipoliomielitica non e' cosi' -, la
decisione in ordine alla sua imposizione obbligatoria  apparterra'  a
questo genere di scelte pubbliche» (enfasi ns.). 
    Ha quindi concluso che «la Corte costituzionale ha affermato  che
il rilievo  dalla  Costituzione  attribuito  alla  salute  in  quanto
interesse della collettivita', se e' normalmente  idoneo  da  solo  a
«giustificare la compressione di quella autodeterminazione  dell'uomo
che inerisce al diritto di ciascuno alla  salute  in  quanto  diritto
fondamentale», cioe' a escludere la facolta' di sottrarsi alla misura
obbligatoria (si veda, altresi' la sentenza n. 258 del 1994), non  lo
e' invece quando possano derivare conseguenze dannose per il  diritto
individuale alla salute. ... Ma  nessuno  puo'  essere  semplicemente
chiamato a sacrificare  la  propria  salute  a  quella  degli  altri,
fossero pure tutti gli altri». 
    Da quanto questa Ecc.ma Corte ha con estrema lucidita' precisato,
emerge quindi che l'imposizione di vaccinazioni obbligatorie  attiene
all'ambito, delicatissimo, delle «scelte tragiche» del diritto. 
    E' del tutto evidente quindi l'illegittimita'  costituzionale  di
una normativa che sceglie l'imposizione  generalizzata  su  tutto  il
territorio  nazionale  di  ben  dieci  vaccinazioni  senza  che   sia
dimostrato che questa costituisca l'ultima ratio a cui  l'ordinamento
non poteva che ricorrere. 
    E' altrettanto evidente,  inoltre,  che  le  modifiche  apportate
dalla legge di conversione al testo originario del decreto-legge, pur
riducendo  da   dodici   a   dieci   l'insieme   delle   vaccinazioni
obbligatorie, determinano in ogni caso un  impatto  dirompente  sulla
legislazione  regionale  del  Veneto,  fondata  invece  sul  consenso
informato  e  sull'alleanza  terapeutica  rivolta  ad  una   adesione
consapevole; rimane quindi inalterato, per  gli  esposti  motivi,  il
carattere di lesivita' sull'autonomia regionale. 
    Il bilanciamento operato  dal  legislatore  statale  nel  sancire
l'obbligatorieta' di dieci vaccinazioni non e' infatti  in  grado  di
superare il test,  nell'ambito  del  principio  di  proporzionalita',
della «necessita'» perche' il legislatore non  ha  fatto  ricorso  al
least-restrictive  means,  ovvero  allo  strumento  che  permette  di
ottenere l'obiettivo prefissato con il minor sacrificio possibile  di
altri diritti o interessi costituzionalmente protetti. 
    Il  bilanciamento  operato  dal   legislatore   nelle   normative
impugnate tende, invece, a fare assumere illegittimamente un  «valore
tirannico» (Corte  cost.,  sent.  n.  85  del  2013)  a  un  asserito
interesse della collettivita', senza alcuna considerazione che quello
stesso valore viene  tutelato  in  termini  sostanzialmente  analoghi
dalla normativa regionale vigente,  senza  dover  fare  ricorso  alla
«scelta tragica» della coercizione e della negazione di  ogni  spazio
al principio di autodeterminazione. 
    Ne' tale conclusione e' messa  in  discussione  dalla  previsione
dell'art. 1, comma 1-ter, introdotto dalla legge di conversione,  che
prevede la possibilita', per il Ministero della salute, al  ricorrere
di determinate  condizioni,  di  disporre,  ma  solo  dopo  tre  anni
dall'introduzione  del  relativo  obbligo  vaccinale,  la  cessazione
dell'obbligatorieta' per uno o piu' delle  vaccinazioni  previste  al
comma 1-bis (riguardanti anti-morbillo; anti-rosolia;  anti-parotite;
anti-varicella). 
    In ogni caso, infatti, l'introduzione dell'obbligo travolge,  per
lo meno per i primi  tre  anni,  il  diverso  modello  assunto  dalla
legislazione regionale. 
    Si conferma quindi l'illegittimita' di una normativa statale  che
travolge un sistema, quale quello strutturato dalla  Regione  Veneto,
fondato  su  un  sistema  vaccinale  piu'   libero   e   maggiormente
responsabilizzato, incentrato sul consenso informato del destinatario
della prestazione sanitaria. 
    2.5. La lesione dell'autonomia  regionale,  peraltro,  da  questo
punto di vista si conferma considerando che  la  normativa  impugnata
travolge  il  diverso  bilanciamento  tra  i  valori   costituzionali
disposto dalla disciplina stabilita  dalla  Regione  in  quanto  ente
esponenziale che si fa carico della  rappresentanza  degli  interessi
della comunita' residente sul proprio territorio (34) . 
    La normativa statale impugnata, infatti, assumendo il  territorio
regionale come  «un  elemento  amorfo  tale  da  essere  suddiviso  e
pianificato a piacere, quasi fosse creta nelle mani del vasaio»  (35)
prescinde da qualsiasi considerazione sull'efficiente attuazione  dei
valori costituzionali gia' realizzata,  nel  caso  di  specie,  dalla
normativa regionale del Veneto in relazione alla propria comunita' di
riferimento. 
    In tal modo l'impugnata disciplina dimostra di assumere a proprio
fondamento una concezione organicistica  e  meramente  giacobina  dei
corpi sociali, che, come scrisse Luigi Sturzo criticandola, «non solo
ai bigotti e agli ignoranti, ma a  molte  persone  illuminate  sembra
dover essere uno dei caratteri dell'unita' nazionale» (36) . 
    In  cio'  la  disciplina  impugnata,  nella   sua   irragionevole
uniformita' di applicazione territoriale, dimostra di contraddire  il
pluralismo giuridico (37) e  anche  l'essenza  stessa  del  principio
pluralista di cui all'art. 5 della Costituzione, negando in radice il
diverso bilanciamento  tra  i  valori  costituzionali  attuato  -  si
ribadisce: in  modo  efficace  -  dalla  legislazione  regionale  del
Veneto. 
    2.6. Ma c'e' di piu'. La disciplina introdotta dalle disposizioni
impugnate, in particolare quella prevista  dall'art.  1,  comma  1  e
1-bis, del decreto-legge cosi' come convertito - oltre a imporre  una
limitazione sproporzionata al diritto individuale alla salute di  cui
all'art. 32 della Costituzione -, appare inidonea a  raggiungere  gli
obiettivi che si prefigge con riferimento alla  maggior  parte  delle
patologie considerate e comunque eccessiva rispetto al suo scopo. 
    Quanto al tetano, trattandosi di una patologia con un  bassissimo
tasso di incidenza (un  caso  su  un  milione),  con  una  mortalita'
inferiore alla meta' dei casi e la cui trasmissione non  avviene  per
contagio fra persone, la vaccinazione  ha  un  valore  limitato  alla
protezione del singolo individuo  e  non  si  giustifica  quindi  una
campagna vaccinale per motivi di interesse pubblico. In altre parole,
difetta, in relazione a questa patologia un vero e proprio  interesse
della collettivita', dal momento  che  la  stessa,  appunto,  non  si
diffonde per contagio, pertanto l'inclusione del vaccino antitetanico
tra gli obbligatori  difetta  del  requisito  necessario  per  essere
compatibile con l'art. 32 della Costituzione: «preservare lo stato di
salute degli altri» (Corte cost. sent. n. 307/1990). 
    Quanto all'epatite B, non esiste allo stato attuale  un'emergenza
di sanita' pubblica che  giustifichi  il  ricorso  alla  vaccinazione
obbligatoria in eta' infantile, dato che le epatiti da HBv,  come  le
altre a trasmissione ematica quali epatiti C e Delta, hanno  mostrato
negli   ultimi   decenni   un'importante   e    costante    riduzione
dell'incidenza e che i soggetti maggiormente a rischio  di  contrarre
la malattia sono quelli di eta' compresa tra i 35 e i  54  anni  (con
un'incidenza di 1,4 casi su 100.000), sebbene si sia assistito  a  un
calo dell'incidenza anche in questo gruppo di popolazione. 
    Quanto alla difterite, non esiste alcuna emergenza sanitaria, dal
momento che dagli anni '90  a  oggi  in  Italia  si  sono  registrati
soltanto due casi di difterite respiratoria causati da C. diphtheriae
produttori di tossina (uno nel 1993 dovuto a C.  diphtheriae  biotipo
gravis e l'altro, nel 1995, dovuto a C. diphtheriae biotipo mitis). 
    Nel  periodo  2000-2014   i   casi   di   difterite,   confermati
microbiologicamente presso l'ISS, sono stati due, entrambi  segnalati
nel Nord Italia e causati da C. ulcerans. Nello stesso  periodo  sono
stati segnalati anche cinque casi di infezioni dovuti a ceppi  di  C.
diphtheriae non produttori di tossina (notiziario ISS marzo 2015). 
    Quanto alla poliomielite, l'ultimo caso nel nostro  Paese  si  e'
registrato nel 1982. 
    Quanto all'Haemophilus influenzae tipo b, l'incidenza  in  Italia
e' molto bassa, come si evidenzia dal seguente grafico  dell'Istituto
superiore di sanita'. 
    Inoltre,   riguardo   alla   vaccinazione    contro    l'Emofilo,
ingiustificata nei soggetti immuno competenti dopo i 5 anni di  eta',
il  mantenimento  dell'obbligatorieta'  fino  a   16   anni   risulta
contraddetto  da  quanto  riportato  nella  stessa,   prima   citata,
circolare del Ministero della salute del 16 agosto 2017 che a pag. 4,
nota  1,  recita:  «L'obbligatorieta'  del  vaccino  anti  Hib  trova
indicazione, come da  scheda  tecnica,  principalmente  nei  bambini;
tuttavia, non solo e' possibile utilizzarlo a  qualsiasi  eta'  senza
alcun rischio, ma trova un'importante prescrizione  nei  soggetti  ad
alto rischio, quali gli immunodepressi o in chi e' affetto  da  gravi
patologie che richiedono  maggiori  coperture.  Data  l'epidemiologia
dell'Haemophilus influenzae, che oltre i 5 anni di eta' non  pone  un
alto rischio di malattia invasiva, salvo in soggetti particolari,  in
caso di  attestata  immunita'  naturale,  si  puo'  ricorrere  a  una
combinazione di vaccini senza di esso». 
    Quanto alla pertosse, l'incidenza negli ultimi anni si e'  sempre
mantenuta sotto l'1 per 100.000. 
    Per  quanto   riguarda,   infine,   il   morbillo,   valgono   le
considerazioni svolte supra, al  punto  1.2,  sull'inidoneita'  delle
misure  introdotte  dal  decreto-legge,  cosi'  come  convertito,   a
contrastare   l'attuale   recrudescenza   dell'infezione   a    causa
dell'assoluta peculiarita' della stessa. Peraltro, anche  qualora  si
ritenesse utile ricorrere alla vaccinazione  obbligatoria  unicamente
per questa patologia, appare senz'altro eccessiva  l'introduzione  di
un obbligo generale e non  gia'  territorialmente  circoscritto  alle
sole aree interessate. Da questo punto  di  vista,  quindi,  la  mera
possibilita', introdotta dalla legge di conversione, che tale obbligo
possa  essere  rimosso  decorsi  tre  anni  non  e'   sufficiente   a
ristabilire la ragionevolezza della previsione. 
    Si  conferma  dunque,  anche  sotto  questo  profilo,  l'evidente
irragionevolezza, con violazione  dell'art.  3  Cost.,  delle  scelte
operate  dal  legislatore  statale  con  l'adozione  della  normativa
impugnata, nella misura in cui impone l'obbligo di  vaccinazione  per
patologie non a rischio epidemico. 
    2.6.  Infatti,  il   necessario   rispetto   del   principio   di
precauzione, secondo cui, «in presenza di un'alternativa che presenti
un rischio per la salute umana - anche non del tutto accertato  -  il
decisore pubblico deve  optare  per  la  soluzione  che  consenta  di
neutralizzare o minimizzare il rischio» (cfr., ex multis, Cons.  St.,
sez. III, ord. 20 aprile 2017, n.  1662),  impropriamente  posto  dal
Governo a fondamento  del  decreto-legge  n.  73  del  2017,  avrebbe
dovuto, al contrario, indurlo a limitare (in misura ben  piu'  estesa
di quanto disposto dalle modifiche operate in  sede  di  conversione)
l'obbligo vaccinale  alle  sole  situazioni  in  cui  esso  si  rende
realmente necessario. E cio', non gia' in forza di un'astratta e  del
tutto apodittica affermazione circa  l'esigenza  di  raggiungere  una
copertura del 95% per tutte le patologie elencate all'art. 1, commi 1
e  1-bis,  ma  in  base  a  un'accurata   e   specifica   valutazione
epidemiologica (che  non  risulta  essere  mai  stata  compiuta)  del
rischio di diffusione delle singole malattie  infettive  nei  diversi
contesti spazio-temporali. 
    Peraltro, dal momento che non risulta vi  siano  altri  paesi  al
mondo in cui si fatta esperienza di  un  sistema  di  profilassi  che
somministra in modo obbligatorio dieci vaccini, ne deriva  anche  che
non esistono studi disponibili per valutare gli esiti concreti  della
loro applicazione nel breve  nel  medio  e  nel  lungo  periodo,  con
l'obiettivo di valutare se questo tipo di sistema  aumenta  realmente
le coperture vaccinali. 
    Da  questo  punto  di  vista,   le   norme   impugnate,   proprio
contraddicendo il pur invocato principio di precauzione, introducono,
come e' stato affermato, una sorta di grottesca  «sperimentazione  di
massa» obbligatoria senza un adeguato consenso  informato,  senza  il
sostegno di un preventivo sistema di  farmacovigilanza  e  senza  una
supervisione bioetica (38) 
    Anche  sotto  questo  profilo  risulta   quindi   confermata   la
violazione degli  enunciati  parametri  costituzionali  (2,  3  e  32
Cost.),   ulteriormente   aggravata   dalla   circostanza   che   nel
decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertito, non si  rinviene
alcuna traccia, a fronte  ad  un  incremento  cosi'  consistente  del
numero  delle  vaccinazioni  obbligatorie,  di   alcuna   misura   di
valutazione preventiva del rischio e conseguente suo alleviamento. 
    La mera previsione di un esonero in caso  di  accertato  pericolo
per  la  salute  in  relazione  a  specifiche   condizioni   cliniche
documentate attestate dal medico di medicina generale o dal  pediatra
di libera scelta (art. 1, comma 3) non rappresenta una adeguata forma
di cautela o di  analisi  prodromica  del  rischio,  la  quale  resta
affidata al caso o alla «onerosa» previdenza dei genitori. 
    Sarebbe stato, invece, necessario come affermato  dalla  sentenza
n. 258 del 1994 codesta ecc.ma Corte, individuare e prescrivere  «gli
accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili
rischi di complicanze» e  il  legislatore  avrebbe  dovuto  prevedere
«tutte le cautele preventive possibili, atte a evitare il rischio  di
complicanze» (sent. n. 118 del 1996). 
    Di cio', come detto, manca invece ogni traccia nel decreto-legge,
salvo per quanto disposto in assolutamente termini generici dall'art.
1, comma 1-ter, dove, in relazione alla possibilita'  di  sospensione
dell'obbligo, si accenna a possibili «reazioni avverse»  ma  solo  in
riferimento   alle    vaccinazioni    anti-morbillo;    anti-rosolia;
anti-parotite; anti-varicella. 
    Si conferma quindi pienamente la violazione degli articoli 2, 3 e
32 della Costituzione. 
    2.7.  Le  disposizioni   impugnate   devono   essere   dichiarate
incostituzionali - oltre che per le  ragioni  fin  qui  illustrate  -
anche   per   violazione   del   principio    di    buon    andamento
dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost., in combinato  disposto
con gli artt. 117, comma 3, e 118 Cost., in  quanto  determinano  una
grave  ingerenza   nelle   competenze   regionali   in   materia   di
organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario regionale,  con
potenziali ricadute negative sulla capacita' della Regione di erogare
efficacemente i servizi sanitari. 
    Le misure da esse previste costringono,  infatti,  le  regioni  -
anche  quelle  dotate,  come  il  Veneto,  di  un'efficace  strategia
vaccinale, in  grado  di  conciliare  la  liberta'  di  scelta  degli
individui con l'interesse della  collettivita'  -  a  concentrare  le
proprie risorse e il proprio personale sanitario sulle vaccinazioni e
sulle procedure  per  far  fronte  ai  nuovi  obblighi  previsti  dal
decreto-legge (art. 1, commi 1 e 1-bis)  e  ai  connessi  adempimenti
amministrativi (art. 1, commi 2, 3, 4 e art. 3, comma 2, art.  3-bis,
comma 2, art. 4,  commi  3  e  4),  a  danno  degli  altri  LEA,  con
conseguente sacrificio  del  fondamentale  diritto  alla  salute  dei
cittadini (art. 32 Cost.). 
    Si tratta di un impatto  che  non  riceve  alcuna  considerazione
nelle norme  impugnate:  la  circostanza  viene  rilevata  anche  nel
Dossier    n.    185    del    Servizio    Bilancio    del     Senato
(http://www.senato.it/service/pdf/pdfserver/bgt/01027800.pdf,    pag.
12): «l'estensione degli obblighi vaccinali potrebbe  determinare  un
aumento in termini quantitativi degli adempimenti  correlati  a  tali
competenze. Si tratta, pertanto, di valutare, perlomeno in  linea  di
massima, la percentuale attesa di aggravio lavorativo sulle anzidette
strutture, e fornire chiarimenti in  merito  alla  sostenibilita'  di
tale (eventuale) aggravio a valere sulle risorse umane, strumentali e
finanziarie ordinariamente disponibili». 
    Ne' va trascurato che le stesse norme, condizionando l'accesso ai
servizi educativi per l'infanzia e  alle  scuole  dell'infanzia  alla
presentazione   della   documentazione    relativa    all'adempimento
dell'obbligo vaccinale  (art.  3,  comma  3)  e  comminando  sanzioni
amministrative (che rimangono pesanti anche se ridotte dalla modifica
introdotta  dalla  legge  di  conversione)  alle  famiglie  che   non
sottopongano i propri figli alle vaccinazioni obbligatorie  (art.  1,
comma 4), sono suscettibili di incidere negativamente sulla capacita'
delle regioni di erogare i servizi per l'infanzia (art. 31  Cost.)  e
di garantire il diritto allo  studio  nell'ambito  delle  istituzioni
scolastiche ed educative (art. 34 Cost.). 
    Infine, dal momento che la citata circolare del  Ministero  della
salute del 16 agosto 2017 ha precisato che la sanzione per il mancato
rispetto dell'obbligo vaccinale viene applicata una sola volta e «non
sara' comminata nuovamente all'inizio di ogni anno scolastico»  (pag.
9), di fatto la disciplina introdotta dal decreto-legge,  cosi'  come
convertito, consente ai genitori in grado di pagare la sanzione - con
discriminazione quindi verso i non abbienti, di  mantenere  i  propri
figli non vaccinati alla scuola dell'obbligo  con  violazione,  anche
sotto questo profilo, dell'art. 3 della Costituzione,  sia  sotto  il
profilo della ragionevolezza che del principio di eguaglianza. 
    2.8. Tutte le violazioni delle norme costituzionali indicate  nel
punto 2.1 e specificate nei punti  successivi  del  presente  ricorso
determinano  quindi  un'evidente  ridondanza   sulle   competenze   e
attribuzioni di spettanza regionale di cui agli articoli 117, commi 3
e 4, e 118 Cost. in  relazione  alla  materie  tutela  della  salute,
istruzione e istruzione professionale. 
    Oltre all'obbligo imposto alle aziende  sanitarie  di  provvedere
alle vaccinazioni rese obbligatorie, va  ricordato,  nello  specifico
che l'art. 1, comma 4, dispone che, in  caso  di  mancata  osservanza
dell'obbligo vaccinale, «ai  genitori  esercenti  la  responsabilita'
genitoriale, ai tutori o ai soggetti affidatari ai sensi della  legge
4 maggio 1983,  n.  184,  e'  comminata  la  sanzione  amministrativa
pecuniaria da curo cento a euro cinquecento»; tale  sanzione  non  si
applica qualora, in seguito alla contestazione da parte  dell'azienda
sanitaria locale territorialmente competente, i genitori o  i  tutori
provvedano a far somministrare al minore il vaccino. 
    Ne consegue che, anche alla luce quanto previsto  dal  successivo
art. 3, comma  2,  l'accertamento  e  la  contestazione  del  mancato
rispetto   dell'obbligo   spettano   all'azienda   sanitaria   locale
competente per territorio, la  quale,  se  ricorrono  i  presupposti,
dovra'  anche  irrogare  la  sanzione  prevista  (e'   stata   invece
soppressa, con la legge di conversione, la norma di cui  all'art.  1,
comma 5, che disponeva che a seguito del mancato rispetto del termine
indicato dall'azienda  sanitaria  locale  in  sede  di  contestazione
quest'ultima era tenuta  a  «segnalare  l'inadempimento  dell'obbligo
vaccinale alla Procura della Repubblica presso  il  Tribunale  per  i
minorenni per gli eventuali adempimenti di competenza»;  ne  consegue
che in relazione a tale norma si deve  ritenere  cessato  l'interesse
regionale al  ricorso  espresso  nell'impugnativa  avverso  il  testo
originario del decreto-legge). 
    Ulteriori adempimenti sono posti a carico delle aziende sanitarie
locali dall'art. 3, comma 2, del decreto, ai sensi del  quale  queste
ultime ricevono le segnalazioni relative alla  mancata  presentazione
della  documentazione  concernente   l'adempimento   degli   obblighi
vaccinali inviate loro dai dirigenti scolastici delle istituzioni del
sistema nazionale  di  istruzione  e  dai  responsabili  dei  servizi
educativi per l'infanzia,  dei  centri  di  formazione  professionale
regionale e delle  scuole  private  non  paritarie.  La  segnalazione
comporta l'obbligo per l'azienda sanitaria locale di provvedere  agli
adempimenti relativi all'accertamento ed eventuale irrogazione  della
sanzione prevista dall'art. 1 del decreto. 
    Le disposizioni citate, quindi, si  confermano  come  norme  che,
travolgendo il modello della legge  reg.  n.  7  del  2007,  incidono
sull'organizzazione regionale dei servizi sanitari - che,  come  piu'
volte chiarito da  codesta  ecc.ma  Corte,  sotto  il  profilo  della
potesta'  legislativa  e'  da  ritenersi  «parte   integrante   della
'materia' costituita dalla 'tutela della  salute'  di  cui  al  terzo
comma del citato art. 117 Cost.» (Corte cost. sent. n. 371 del  2008;
cfr. anche, ex multis, sentt. n. 105 del 2007,  nn.  328  e  181  del
2006, nn. 384 e 270 del 2005,  n.  510  del  2002),  con  quindi  una
evidente ridondanza sulla autonomia regionale in materia. 
    In  tale  ambito,  peraltro,  occorre  aggiungere  che  lo  Stato
potrebbe intervenire solamente  definendo  i  principi  fondamentali,
mentre  le  disposizioni  che  incidono  «su  profili  che  attengono
direttamente all'organizzazione del servizio sanitario» devono essere
considerate quali disposizioni di dettaglio (Corte cost. sent. n. 371
del 2008). 
    Come gia'  anticipato,  le  previsioni  normative  qui  censurate
introducono invece adempimenti  e  obblighi  puntuali  e  dettagliati
direttamente in capo alle aziende sanitarie locali,  chiamate,  oltre
che  a  somministrare  i  vaccini,  anche  a  svolgere  le  descritte
attivita' di accertamento, segnalazione, contestazione e  irrogazione
delle sanzioni amministrative previste dal decreto-legge. 
    In questo modo, in violazione anche diretta dell'art.  117, terzo
comma, in materia di tutela  della  salute,  non  vengono  introdotti
principi  fondamentali,  ma   disciplinati   in   dettaglio   profili
direttamente attinenti all'organizzazione dei  servizi  sanitari,  la
cui competenza legislativa spetta invece chiaramente alle regioni. 
    Anche con riferimento alle disposizioni, di cui agli artt. 3 e 4,
del decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertito,  riguardanti
gli adempimenti vaccinali per l'iscrizione ai servizi  educativi  per
l'infanzia e alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione  le
violazioni sinora censurate ridondano su  competenze  e  attribuzioni
regionali. 
    In particolare, l'art. 4, comma 1, del decreto-legge, cosi'  come
convertito,  dispone  che  i  minori  per  i  quali  le  vaccinazioni
obbligatorie possono essere omesse o differite in caso  di  accertato
pericolo per la salute «sono inseriti,  di  norma,  in  classi  nelle
quali sono  presenti  solo  minori  vaccinati  o  immunizzati,  fermi
restando il numero delle classi determinato secondo  le  disposizioni
vigenti e i limiti di cui all'art.  1,  comma  201,  della  legge  13
luglio 2015, n. 107 e all'art.  19,  comma  7,  del  decreto-legge  6
luglio 2011, n. 98, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  15
luglio 2011, n. 111». L'articolo  censurato  prosegue,  al  comma  2,
disponendo che i  dirigenti  e  responsabili  scolastici  comunichino
all'azienda sanitaria locale, «entro il 31 ottobre di ogni  anno,  le
classi nelle quali sono presenti piu' di due minori non vaccinati». 
    Tali disposizioni violano direttamente le attribuzioni  regionali
relative alla competenza concorrente in materia di istruzione e  alla
competenza  residuale  in  materia   di   istruzione   e   formazione
professionale di cui agli artt. 117, terzo e quarto comma, Cost, e in
ogni caso determinano una ridondanza della suddetta disciplina  sulle
stesse competenze regionali. 
    In  particolare,  si  realizza  una  lesione  in  relazione  alla
programmazione scolastica regionale e al dimensionamento  della  rete
delle  istituzioni  scolastiche  sul  territorio,  ambiti  di  sicura
competenza legislativa regionale. Come infatti affermato  da  codesta
ecc.ma Corte, «l'ampio decentramento  delle  funzioni  amministrative
... ha visto delegare importanti e nuove funzioni alle  regioni,  fra
cui  anzitutto  quelle  di  programmazione   dell'offerta   formativa
integrata  tra  istruzione  e  formazione  professionale  ...,  e  di
programmazione della rete scolastica ... Sicche', proprio  alla  luce
del fatto che gia' la normativa antecedente alla riforma del titolo V
prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle
istituzioni scolastiche,  e  quindi  postulava  la  competenza  sulla
programmazione scolastica ..., e' da escludersi  che  il  legislatore
costituzionale del 2001 «abbia voluto spogliare  le  regioni  di  una
funzione che era gia' ad esse conferita» (sent. n. 34  del  2005;  in
senso conforme Corte cost. sentt. n. 147 del 2012 e n. 200 del 2009).
Peraltro,  anche  l'istituzione  di  nuove   sezioni   nelle   scuole
dell'infanzia  gia'  esistenti,  «attiene,  in  maniera  diretta,  al
dimensionamento della rete scolastica sul  territorio»  (Corte  cost.
sent. n. 92 del 2011). 
    Le disposizioni di cui all'art. 4, quindi, introducendo norme che
incidono sulla conformazione delle classi, si riflettono anche  sulla
programmazione e sul dimensionamento delle  istituzioni  del  sistema
scolastico, dei servizi educativi per  l'infanzia  e  dei  centri  di
formazione professionale. Non  e'  da  escludersi,  infatti,  che  la
necessita' di inserire minori che non possono vaccinarsi in classi in
cui tutti gli altri alunni siano immunizzati possa confliggere con le
disposizioni regionali in materia di dimensionamento degli  istituti.
Tale evenienza potrebbe essere ancor piu'  probabile  nei  comuni  di
piccole dimensioni, in cui  gli  istituti  scolastici  presentano  un
numero di iscritti inferiore alla media. 
    In  tali  casi,  quindi,  il  corretto  sviluppo   dell'autonomia
regionale in materia di programmazione e dimensionamento  della  rete
scolastica  territoriale  e  dei  servizi  educativi  risulta  quindi
limitato dall'applicazione delle disposizioni censurate, con evidente
violazione diretta e, in ogni caso, altrettanto  evidente  ridondanza
sulle competenze regionali in materia di istruzione (art. 117,  comma
3, Cost.) e istruzione e formazione professionale (art. 117, comma 4,
Cost.),  nonche'  sull'autonomia  amministrativa  regionale  tutelata
dall'art. 118 Cost. 
    Infine, anche gli obblighi introdotti, con la nuova procedura  di
cui  all'art.  3-bis  a  carico   dei   dirigenti   scolastici,   dei
responsabili dei servizi educativi per l'infanzia  e  dei  centri  di
formazione professionale regionale, nonche' delle  aziende  sanitarie
confermano  sia  la  violazione  diretta  sia  la  ridondanza   sulle
competenze  regionali  in  materia  di   istruzione,   istruzione   e
formazione professionale, tutela della salute. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 1-bis,  1-ter,
2, 3, 4, 6-ter, nonche' degli articoli 3, 3-bis, 4, 5, 5-quater  e  7
del decreto-legge n. 73 del 2017, cosi' come convertiti  dalla  legge
n. 119 del 2017, per violazione degli articoli 81, comma  3,  e  119,
commi 1 e 4, della Costituzione. 
    3.1. L'art. 7 («Disposizioni finanziarie») stabilisce che: 
      «1.  Agli  oneri  derivanti  dall'art.  2,  comma  3,  pari   a
duecentomila   euro   per   l'anno   2017,   si   provvede   mediante
corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art.
1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440; 
        2. Dall'attuazione del presente decreto,  a  eccezione  delle
disposizioni di cui all'articolo 2,  comma  3,  non  devono  derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; 
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato  ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio». 
    In questi termini  le  nuove  vaccinazioni  obbligatorie  imposte
dall'art. 1, commi 1 e 1-bis, per i minori di eta' compresa tra  zero
e sedici anni e per tutti i minori stranieri non  accompagnati,  come
«obbligatorie e gratuite",  risultano  prive  di  adeguata  copertura
finanziaria, in violazione degli artt.  81,  comma  3,  Cost.  ("ogni
legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per  farvi
fronte"), che conseguentemente ridonda in violazione,  anche  diretta
ed autonoma, dell'art. 119, commi 1 e 4, Cost. 
    Nessuna copertura, ad eccezione di quella per  le  iniziative  di
formazione, viene infatti prevista per gli  ingenti  oneri  derivanti
dalle nuove vaccinazioni che vengono rese obbligatorie, e  del  tutto
surrettiziamente  l'art.  7,  comma  2,  afferma  che   dalle   altre
disposizioni del decreto-legge non  derivano  oneri  per  la  finanza
pubblica. 
    In realta' maggiori ed  ingenti  oneri,  come  si  precisera'  di
seguito, vengono imposti, da piu' punti di vista, alle strutture  del
servizio  sanitario  regionale  in  assenza  di  adeguata   copertura
finanziaria,  in  violazione  quindi  della  garanzia  costituzionale
dell'autonomia finanziaria  e  del  principio  per  cui  «le  risorse
derivanti dalle fonti  di  cui  ai  commi  precedenti  consentono  ai
Comuni, alle Province, alle Citta' metropolitane e  alle  Regioni  di
finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite". 
    In questi termini la mancanza di copertura determina una  lesione
dell'autonomia finanziaria regionale, dal momento che, come affermato
in  piu'  occasioni  da  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale,   la
«garanzia di tale autonomia, infatti, comporta che non possano essere
addossati al bilancio regionale (o provinciale) gli  oneri  derivanti
da decisioni non imputabili alla regione stessa» (gia' sent.  n.  452
del 1989), per cui «la disponibilita' finanziaria costituisce  limite
alla autonomia, con duplice funzione di protezione dei vari  soggetti
e con carattere di reciprocita', cioe' nel  senso  che  gli  enti  di
autonomia debbono provvedere  con  risorse  proprie  in  presenza  di
maggiori  spese  dipendenti  da  proprie  scelte,  giustificabili  da
esigenze locali. Cosi' lo Stato, una volta trasferiti o determinati i
mezzi finanziari di cui  vi  e'  disponibilita',  puo'  rifiutare  di
addossarsi gli ulteriori disavanzi per spese  estranee  alle  proprie
scelte o dipendenti da determinazioni degli enti gestori, ma non puo'
addossare al bilancio regionale oneri relativi alla  spesa  sanitaria
che derivano da decisioni non imputabili alle regioni stesse»  (cosi'
sent. n. 416 del 1995; si vedano anche sentt. n. n. 283 del 1991, 369
del 1992 e 22 del 2012). 
    3.2. Nello specifico la  mancanza  di  adeguata  copertura  delle
norme impugnate si evidenzia gia' nella stessa relazione  tecnica  al
decreto-legge  (Atti  Parlamentari,   Camera   dei   deputati,   XVII
Legislatura, A.C. 4533). 
    In essa, infatti, si afferma  che,  oltre  alla  copertura  delle
quattro vaccinazioni gia' obbligatorie, «delle  ulteriori  otto  [ora
sei] introdotte  con  il  presente  decreto,  cinque  (anti-morbillo,
anti-parotite,   anti-rosolia,   anti-pertosse   e   anti-Haemophilus
influenzae b), rientrano nei livelli essenziali di  assistenza  (LEA)
fin dal 2001, ai sensi del decreto del Presidente del  Consiglio  dei
ministri 29 novembre  2001,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale 8
febbraio 2002, n. 33". 
    A fronte della facile  obiezione  che  nei  suddetti  Lea  questi
ultimi cinque vaccini non erano obbligatori, la Relazione tecnica  ha
cura di precisare che l'obiettivo di copertura vaccinale pari al  95%
«e' stato inserito anche  nella  relazione  tecnica  al  decreto  del
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  12  gennaio  2017,  recante
«Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di
cui all'articolo 1, comma 7,  del  decreto  legislativo  30  dicembre
1992, n. 502". 
    Tuttavia, essa omette di considerare che la Relazione tecnica  al
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  12  gennaio  2017,
recante i nuovi LEA, facendo riferimento  al  PNPV  2016-2018,  aveva
avuto cura di specificare come l'obiettivo della copertura  vaccinale
al 95% fosse un  obiettivo  graduale  da  raggiungere  per  il  2018,
ipotizzando peraltro che non  tutta  la  popolazione  di  riferimento
avrebbe fatto ricorso al vaccino nei tempi  proposti.  Il  successivo
PNPV  2017-2019,  infatti,  ha  spostato  il  suddetto  obiettivo  di
copertura al 2019. 
    Ma  soprattutto  la  Relazione  tecnica  omette  di   considerare
completamente la questione delle risorse necessarie per  il  recupero
dei non vaccinati (coorti 2001-2016), essendo la copertura precedente
relativa solo ai nati nel 2017. 
    Non solo. 
    La stessa Relazione tecnica, se da un  lato  riconosce  che  «gli
oneri derivanti dalle vaccinazioni raccomandate  dal  PNPV  2017-2019
hanno trovato copertura finanziaria nell'articolo 1, comma 408, della
legge 11 dicembre 2016, n.  232,  che  a  decorrere  dall'anno  2017,
nell'ambito  del  finanziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale,
prevede una specifica finalizzazione, pari a 100 milioni di euro  per
l'anno 2017, a 127 milioni di euro per l'anno 2018 e a 186 milioni di
euro  a  decorrere  dall'anno  2019",  dall'altro  e'  costretta   ad
ammettere  che  «Tale  stanziamento  copre  il  raggiungimento  degli
obiettivi di  copertura  vaccinale  di  tutte  le  vaccinazioni  rese
obbligatorie dal presente decreto [ma questo in ogni caso  non  vale,
come detto per coprire i costi del recupero delle coorti  2001-2016],
ad eccezione dell'antimeningococco B e  dell'anti-varicella,  per  le
quali nel decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   12
gennaio 2017 e nel  PNPV  era  definito  un  obiettivo  di  copertura
vaccinale pari al 60% per  l'anno  2017,  al  75%  per  l'anno  2018,
nonche'  la  copertura  vaccinale  indicata  dall'OMS   a   decorrere
dall'anno 2019". 
    Tuttavia,  a  fronte  di  tale  realistica   considerazione,   la
Relazione tecnica perviene subito dopo alla irrealistica e  infondata
considerazione della assenza di nuovi e maggiori oneri sulla base  di
una artificiosa rimodulazione dei  dati  utilizzati  nella  relazione
tecnica di soli pochi mesi prima  (quella  al  DPCM  del  12  gennaio
2017), ipotizzando quindi a) riduzione della  coorte  di  popolazione
interessata  dalle  predette  vaccinazioni,  per  effetto  del   calo
demografico;  b)  una  riduzione  del  prezzo  dei  vaccini;  c)  una
riduzione del numero di dosi di anti-meningococco B da somministrare,
per il solo anno 2017. 
    Da qui la conclusione, per cui: 
        «per l'anno 2017,  con  riferimento  all'anti-varicella,  non
sussiste alcun onere aggiuntivo; 
        per l'anno 2017, per l'anti-meningococco B,  pur  considerato
l'incremento dell'obiettivo di copertura vaccinale (dal 60% al 95%) -
moltiplicando la coorte di popolazione di riferimento per  il  prezzo
delle dosi di vaccini da somministrare  -  si  verifica  che  l'onere
associato e'  coerente  con  la  copertura  prevista  a  legislazione
vigente; 
        per  l'anno   2018,   per   l'anti-meningococco   B   e   per
l'anti-varicella,  pur  considerato  l'incremento  dell'obiettivo  di
copertura vaccinale (dal 75% al 95%) -  moltiplicando  la  coorte  di
popolazione di riferimento per il prezzo delle  dosi  di  vaccini  da
somministrare  -  si  stima  un  onere  leggermente  superiore   alla
copertura prevista a  legislazione  vigente  (cfr.  Tabella  1),  che
tuttavia e' compensato dal minor costo per gli altri vaccini  ove  si
utilizzino i dati aggiornati della popolazione». 
    E' evidente quindi che la copertura viene riscontrata sulla  base
di dati del tutto aleatori  (perlomeno  per  quanto  riguarda  l'anti
varicella rimasto obbligatorio). 
    La circostanza e' stata rilavata anche  dal  citato  Dossier  del
Servizio Bilancio del Senato, dove si precisa:  che  «l'articolato  e
molto  severo  apparato  sanzionatorio  potrebbe   condurre   ad   un
superamento dell'obiettivo del 95% su  cui  sarebbero  calibrati  gli
stanziamenti", per cui «si rappresenta, in sostanza, la possibilita',
non  valutata  dalla  RT,  che  maggiori  oneri  rispetto  a   quelli
teoricamente gia' calcolati sulla base dei nuovi  LEA  si  presentino
anche per tutte le 9  vaccinazioni  appena  considerate  (4+2+3),  in
relazione ad un eventuale superamento della quota  del  95%,  assunta
come obiettivo auspicabile di politica sanitaria ...  Sarebbe  quindi
opportuno valutare l'inserimento  di  una  clausola  di  monitoraggio
conforme a quanto previsto dai commi 12 e seguenti  dell'articolo  17
della legge di contabilita', prevedendosi quindi, se  necessario,  la
riduzione di altri  stanziamenti  per  far  fronte  agli  scostamenti
dell'andamento degli oneri rispetto alle previsioni.» (pag. 8). 
    Nel medesimo Dossier viene altresi' rilevato, in  relazione  alla
ipotetica copertura derivante dalla altrettanto  ipotetica  riduzione
dei prezzi dei vaccini, che «tale  modalita'  di  copertura,  che  in
realta' coinvolge anche i  profili  di  quantificazione  degli  oneri
relativi al presente decreto, in rapporto ai prezzi dei  due  vaccini
in parola, se risulta accettabile nell'ottica dei  saldi  tendenziali
(evidentemente costruiti sulla base dei precedenti  prezzi),  non  si
puo' tuttavia considerare perfettamente  coerente  con  il  principio
della legislazione vigente, atteso che tali correzioni di  prezzo  si
sarebbero  verificati  (anzi,  per  la  stessa  RT,  si   sono   gia'
verificati) anche in assenza delle norme in esame»  ...  «Non  appare
quindi contabilmente corretto tenerne  conto  nella  costruzione  dei
tendenziali, perlomeno in termini  differenziali  rispetto  a  quelli
attesi sulla base della legislazione previgente» (p.10). 
    Inoltre,  il  Dossier  evidenzia  che  «Non  appaiono  persuasive
nemmeno le considerazioni svolte dalla RT in  ordine  alla  questione
dei minori stranieri non accompagnati. Esse sono riconducibili a  due
ordini di spiegazioni. Il primo richiama il fatto che comunque  anche
tali soggetti sono de iure iscritti al SSN.  Ma  tale  argomentazione
varrebbe anche per i bambini italiani,  per  i  quali  invece  la  RT
fornisce  una  dimostrazione  della  copertura  dei  maggiori   oneri
derivanti al provvedimento in esame, almeno per  l'anticipazione  dei
due vaccini varicella e Meningococco B. Proprio il fatto che il comma
3 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 286  del  1998  prevede
che ai cittadini stranieri presenti  sul  territorio  nazionale  sono
garantite, tra  l'altro,  le  vaccinazioni  secondo  la  normativa  e
nell'ambito di  interventi  di  campagne  di  prevenzione  collettiva
autorizzati  dalle  regioni,  a  sollevare  il  problema,  ovviamente
finanziario, in quanto la platea di  minori  da  raggiungere  per  le
vaccinazioni potrebbe risultare in aumento, compensando in  parte  il
calo delle nascite nel territorio nazionale. A tale proposito, i dati
di monitoraggio del Ministero del lavoro mostrano  un  incremento  di
minori stranieri non accompagnati entro i sedici anni dai  5.489  del
2015 a 7.546 del 2016» (pag. 10). 
    Tutto cio' premesso, in considerazione che il PNV  non  prevedeva
la obbligatorieta' dei vaccini, la Regione  Veneto  e'  in  grado  di
documentare nella tabella allegata (doc. n. 3), il maggior onere  che
risulta posto a carico  dell'autonomia  finanziaria  regionale  dalle
impugnate disposizioni del decreto-legge n. 73 del 2017,  cosi'  come
convertito dalla legge n. 119 del 2017. 
    Complessivamente, dalla coorte 2001 (16enni) a  quella  del  2017
(nuovi nati) sono da prevedere oltre  574.755  dosi  di  vaccino  per
completare la copertura per le dieci vaccinazioni rese  obbligatorie:
una dose MPR coorti 2001-2017, seconda dose MPR coorti 2001-2011, tre
dosi Esavalente coorti 2001-2017. 
    Tali sono le dosi  necessarie  per  assolvere  alle  prescrizioni
stabilite dalle norme impugnate (sono ovviamente gia' esclusi i  gia'
vaccinati per le rispettive vaccinazioni e rispettive dosi).  Volendo
escludere la coorte dei nuovi nati si giunge ad un totale di  379.755
dosi. 
    Applicando il costo dei vaccini a tali cifre si puo'  stimare  in
oltre 17 milioni di euro  la  cifra  necessaria  per  l'acquisto  dei
vaccini necessari (cifra che scende a 10.509.167  euro  escludendo  i
nuovi nati). 
    3.3. Ma non solo. 
    Nel  valutare  l'impatto  sull'autonomia  finanziaria   regionale
occorre, infatti, considerare  i  costi  dell'insieme  degli  ingenti
adempimenti previsti a carico del  sistema  organizzativo  regionale,
sia  soprattutto  in  termini  di  carico  di  lavoro  in  capo  alle
istituzioni regionali preposte alla somministrazione dei vaccini, sia
per  le  ulteriori  disposizioni  che  ricadono   sull'organizzazione
amministrativa regionale (cfr. p.to 2.8 del ricorso). 
    La relazione tecnica in modo del tutto sbrigativo e  superficiale
si limita ad affermare che «le attivita' che si dispone  svolgano  le
aziende sanitarie locali non comportano nuovi e maggiori oneri per la
finanza  pubblica,  in   quanto   rientrano   tra   gli   adempimenti
istituzionali di competenza delle stesse  a  legislazione  vigente  e
sono previsti,  tra  l'altro,  dal  Piano  nazionale  di  prevenzione
vaccinale 2017-2019 (cfr. Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma  6,
della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e Bolzano Rep.  atti  n.  10/CSR  del  19
gennaio 2017)". 
    L'affermazione e' del tutto apodittica e dimentica  che  il  PNPV
non era in alcun modo fondato sul presupposto  della  obbligatorieta'
di dieci vaccinazioni - stabilita invece solo ora, anche in relazione
alle coorti  2001-2016,  dalle  impugnate  disposizioni  -  ma  sulla
condivisione di un obiettivo tendenziale. 
    Il citato Dossier del Servizio Bilancio del Senato  evidenzia  il
problema, denunciando come manchi «la conferma che  l'incremento  del
numero  di   somministrazioni   vaccinali   non   determini   aggravi
organizzativi e lavorativi tali da richiedere il ricorso  a  maggiore
lavoro straordinario nelle ASL, soprattutto a  livello  di  personale
impiegatizio  e  infermieristico,  con  conseguenti  maggiori   oneri
finanziari» (pag. 9 e 10). 
    Il   presupposto   su   cui   fonda   la   normativa    impugnata
(l'obbligatorieta'  delle  dieci  vaccinazioni  e  il  nuovo  sistema
sanzionatorio) e' infatti radicalmente diverso da quanto prevedeva il
PNPV e incide pesantemente, quanto ai tempi, alla mole di lavoro e ai
costi, sulla struttura organizzativa regionale, che si trova  gravata
da ingenti costi per il personale come stimato dalla tabella allegata
(doc. n. 3): considerando solo 10 minuti  a  medico  e  10  minuti  a
comparto per le dieci vaccinazioni (quando e'  noto  che  l'attivita'
esige invece maggiori tempistiche,  in  quanto  andrebbe  considerato
tutto l'aspetto legato all'anamnesi,  all'invito,  al  colloquio  col
genitore, alla gestione della sede vaccinale -  aperture,  stoccaggio
vaccini, ecc.- che nella tabella allegata non e'  stato  considerato)
in   termini   di   personale   e   tempo   si   puo'    quantificare
approssimativamente in circa 5 milioni di  euro  la  ulteriore  spesa
relativa al personale (oltre 3 milioni escludendo la coorte dei nuovi
nati). 
    3.4. La denunciata assenza  di  copertura  finanziaria  riguarda,
infine, anche i  costi  che  deriveranno,  in  forza  dell'estensione
dell'obbligo, dall'erogazione degli indennizzi dovuti  in  seguito  a
danni derivanti da vaccinazione. 
    La disciplina in questione, come noto, e' stata introdotta  dalla
legge n. 210 del 1992, recante  «Indennizzo  a  favore  dei  soggetti
danneggiati  da  complicanze  di  tipo  irreversibile  a   causa   di
vaccinazioni  obbligatorie,   trasfusioni   e   somministrazione   di
emoderivati». L'art. 1, comma  1,  della  citata  legge  dispone  che
«chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni  obbligatorie  per
legge o per ordinanza di un'autorita' sanitaria italiana,  lesioni  o
infermita', dalle quali sia derivata una menomazione permanente della
integrita' psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da  parte  dello
Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge». 
    Il  medesimo  articolo  prevede  anche  che  il  beneficio  venga
corrisposto alle persone non vaccinate che abbiano riportato danni  a
seguito di contatto con persona vaccinata, nonche' alle  persone  che
si siano sottoposte a vaccinazioni non obbligatorie ma necessarie per
motivi di lavoro e ai soggetti a  rischio  operanti  nelle  strutture
ospedaliere (art. 1, comma 4, legge n. 210 del 1992). 
    La  giurisprudenza  di  codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale
successivamente  ha  in  parte  esteso  la  platea  dei  beneficiari,
includendovi i soggetti  sottoposti  a  specifiche  vaccinazioni  non
obbligatorie ma raccomandate e incentivate, quali  l'antipoliomielite
e l'antiepatite B, per il periodo precedente  all'introduzione  della
relativa obbligatorieta' (sentt. n. 27 del 1998 e n. 423  del  2000),
nonche' le vaccinazioni contro il morbillo, la parotite e la  rosolia
(sent. n. 107 del 2012). 
    Successive   disposizioni   normative   hanno   previsto   alcune
integrazioni all'indennizzo in questione. Con la  legge  n.  238  del
1997 e' stata introdotta la possibilita' di richiedere un assegno una
tantum per il periodo  ricompreso  tra  il  manifestarsi  dell'evento
dannoso e l'ottenimento dell'indennizzo. La legge n. 229 del 2005  ha
poi riconosciuto ai soggetti danneggiati indicati dalla legge n.  210
del 1992 un ulteriore indennizzo, consistente in un  assegno  mensile
vitalizio, corrisposto per la meta' al  soggetto  danneggiato  e  per
meta' ai congiunti che prestano o abbiano prestato ad esso assistenza
prevalente e continuativa. 
    Tanto premesso, si e' costretti  a  rilevare  che  ne'  le  norme
impugnate,  ne'  tantomeno  la  Relazione  tecnica,  si  sono   poste
minimamente il problema dei maggiori oneri che, dal  punto  di  vista
degli indennizzi, deriveranno dall'estensione dell'obbligo vaccinale. 
    Il complesso normativo introdotto dalla legge di  conversione  n.
119 del 2017 con gli articoli  da  5-bis  a  5-quater  non  considera
affatto questo specifico aspetto: infatti, l'art. 5-bis si  limita  a
prevedere  che  l'Aifa  sia  litisconsorte  necessario  nei   giudizi
relativi alle domande di indennizzo  da  vaccinazione,  l'art.  5-ter
implementa il  personale  del  Ministero  della  salute  al  fine  di
definire le procedure di indennizzo, l'art. 5-quater conferma che  le
disposizioni della legge n. 210 del 1992 si applicano ai  danneggiati
dalle vaccinazioni di cui all'art. 1 del decreto-legge impugnato. 
    Nulla viene  quindi  disposto  in  relazione  al  problema  della
copertura dei  maggiori  indennizzi,  evidenziato  anche  dal  citato
Dossier del Servizio Bilancio del Senato:  «la  RT  non  si  sofferma
sulla  questione  degli  indennizzi  dovuti  per   danni   permanenti
derivanti  dalle  vaccinazioni  obbligatorie.  Si  fa  presente   che
l'aumento  del  numero  di  vaccini  obbligatori  e  della  copertura
vaccinale  dovrebbe  verosimilmente  determinare  un   corrispondente
aumento dei  soggetti  da  indennizzare  per  danni  derivanti  dalle
vaccinazioni,  con  conseguenti  oneri  legati   all'erogazione   dei
risarcimenti monetari in sede  civile.  Sarebbero  quindi  necessarie
stime in ordine al maggiore impatto citato» (p. 11). 
    Al  riguardo   e'   opportuno   precisare   che   la   competenza
amministrativa e gli oneri finanziari connessi  all'erogazione  degli
indennizzi in parola, in seguito all'adozione del decreto legislativo
n. 112 del 1998 e  del  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  26  maggio  2000  sono  stati  trasferiti  alle  regioni  a
decorrere dal 1º gennaio 2001, individuando al  contempo  le  risorse
finanziarie da trasferire ad esse dal bilancio dello Stato. 
    Tali risorse erano tuttavia rapportate alle  legislazione  allora
vigente, con un minor tasso di obbligatorieta' delle vaccinazioni. 
    Se successivi decreti del Presidente del Consiglio  dei  ministri
(in particolare 8 gennaio 2002 e 24 luglio 2003)  hanno  poi  operato
una rideterminazione delle  risorse  finanziarie  da  trasferire,  le
norme impugnate omettono  ora  ogni  considerazione  del  problema  a
fronte della pur imponente estensione degli obblighi di vaccinazione. 
    Di  conseguenza,  a  fronte  di  un  aumento  esponenziale  delle
vaccinazioni  obbligatori  disposto   dalle   norme   censurate,   il
legislatore  avrebbe  dovuto  prevedere   una   specifica   copertura
finanziaria per il conseguente aumento delle domande di indennizzo. 
    La mancanza di ogni forma di copertura di questo ulteriore  onere
conferma quindi la censura esposta al punto 3.1. 
    A cio' si aggiunga che, ai sensi dell'art. l, comma 586 della  la
legge di stabilita' 2016 (legge n. 208 del 2015), le regioni sono ora
tenute ad anticipare le somme dovute  a  titolo  di  indennizzo  agli
aventi diritto, «in attesa del trasferimento dallo  Stato»  (art.  1,
comma 586, legge n. 208 del 2015). 
    Dal momento che nessuna copertura finanziaria viene  disposta  al
riguardo, la regione si trovera' esposta ad  anticipare  le  relative
somme senza la garanzia di un'adeguata restituzione  da  parte  dello
Stato. 
 
                       Istanza di sospensione 
 
    La Regione del Veneto chiede che codesta ecc.ma Corte, nelle more
del giudizio di legittimita'  costituzionale  delle  disposizioni  di
legge statale  qui  censurate,  sospenda  l'applicazione  dell'intero
decreto-legge n. 73 del 2017 cosi' come convertito dalla legge n. 119
del 2017, e in ogni caso degli articoli 1, commi 1, 1-bis, 1-ter,  2,
3, 4, 6-ter, nonche' degli articoli 3, 3-bis, 4,  5,  5-quater  e  7,
cosi' come convertiti dalla legge n. 119 del 2017, ai sensi dell'art.
35 della legge n. 87/53, come sostituito dall'art. 9 della  legge  n.
131/2003, che tanto consente in presenza di un rischio di pregiudizio
grave e irreparabile all'interesse  pubblico  o  per  i  diritti  dei
cittadini. 
    E' del tutto evidente l'irreparabilita' del danno per  i  diritti
dei cittadini e per l'interesse pubblico che si verrebbe a verificare
nelle more ordinarie del  giudizio  di  legittimita'  costituzionale,
posto   che   l'introduzione   dell'obbligatorieta'    delle    nuove
vaccinazioni  e  i  relativi  oneri  posti  a  carico  dei  dirigenti
scolastici, dei responsabili dei servizi  educativi  per  l'infanzia,
dei centri di  formazione  professionale  regionale  e  delle  scuole
private  non  paritarie,  nonche'  delle  aziende  sanitarie  locali,
travolgono il percorso e  il  modello  avviato  sin  dal  2007  dalla
Regione  Veneto,  fondato  sul  consenso  informato  e  sull'alleanza
terapeutica rivolta ad una adesione consapevole. 
    Qualora quindi  l'udienza  si  svolgesse  non  prima  dell'inizio
dell'anno  scolastico  e  dell'inizio  previsto  dal  calendario  dei
servizi  educativi  per  l'infanzia  e   le   scuole   dell'infanzia,
inevitabili ripercussioni  si  verificherebbero  con  riferimento  al
principio  di  autodeterminazione  della  persona   in   materia   di
trattamenti sanitari, per l'effetto del traumatico passaggio  da  una
strategia vaccinale e basata sulla convinzione  a  una  basata  sulla
coercizione, senza peraltro che siano stati adeguatamente considerati
gli accertamenti preventivi  idonei  a  prevedere  e  a  prevenire  i
possibili rischi di complicanze. 
    Risponde dunque all'interesse  generale  sospendere  l'esecuzione
delle suddette disposizioni, nelle more del giudizio di  legittimita'
costituzionale, dato il concreto rischio di un pregiudizio  grave  ed
irreparabile per i diritti dei cittadini, nonche' di un  irreparabile
pregiudizio all'interesse pubblico. 

(1) (http://www.euro.who.int/_data/assets/pdf_file/0007/255679/WHO_EV
    AP_UK_v30_WEBx.pdf;
    http://www.euro.who.int/_data/assets/pdf_file/0008/276659/EVAP-EN
    G.with-front.pdf ) 

(2) S. Salmaso, I  Vaccini  come  strumento  di  prevenzione,  Centro
    nazionale  di  epidemiologia,  sorveglianza  e  promozione  della
    salute, Istituto superiore di sanita'; P.E. Fine, Herd  immunity:
    History, Theory, Practice Epidemiol Rev, 15 (1993), pp.  265-302.
    Cfr., inoltre, P. Urbano, F.G. Urbano, Giornale di batteriologia,
    virologia ed immunologia, 1997, vol. 89, p. 47 ss.; G. GoNçALVES,
    Herd Immunity: Recent Uses  in  Vaccine  Assessment,  Expert  Rev
    Vaccines, 2008. 

(3) World Health Organization - Rregional Office for Europe, European
    Vaccine    Action     Plan     2015-2020,     consultabile     in
    http://www.euro.who.int/data/assets/pdf_file/0007/255679/WHOEVAP_
    UK_v30_WEBx.pdf?ua=1 

(4) Piano nazionale di prevenzione vaccinale (PNPV) 2017-2019, di cui
    all'intesa, ai sensi dell'art. 8, comma 6, legge 5  giugno  2003,
    n. 131, tra il Governo, le Regioni  e  le  Province  Autonome  di
    Trento e Bolzano, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  41  del
    18 febbraio 2017, approvato il 19 gennaio 2017  dalla  Conferenza
    Stato-Regioni con lo scopo  primario  dell'«armonizzazione  delle
    strategie vaccinali in atto nel Paese, al fine di garantire  alla
    popolazione, indipendentemente da luogo di residenza,  reddito  e
    livello  socio-culturale,  i  pieni  benefici   derivanti   dalla
    vaccinazione; intesa sia come strumento di protezione individuale
    che di prevenzione collettiva, attraverso l'equita'  nell'accesso
    a vaccini di elevata  qualita',  anche  sotto  il  profilo  della
    sicurezza,  e  disponibili  nel  tempo   (prevenendo,   il   piu'
    possibile, situazioni di carenza), e a servizi di  immunizzazione
    di livello eccellente» 

(5) Centers For disease control and prevention (CDC) and world health
    organization  (WHO/OMS),  History  and  Epidemiology  of   Global
    Smallpox Eradication. From the training course  titled  Smallpox:
    Disease, Prevention, and Intervention, Slides  16-17,  pubblicato
    in
    http://www.bt.cdc.gov/agent/smallpox/training/overview/pdf/eradic
    ationhistory.pdf I dati in essa contenuti vengono  ripresi  anche
    dalla letteratura scientifica, almeno fino al 2015 (R.M. MERRILL,
    Introduction           to           Epidemiology,           2015,
    https://books.google.it/books?id=Vy0iswEACAAJ&printsec=frontcover
    &hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=Smallpox%20&f=false. Si veda anche_ P.E. FINE, Herd immunity: History, Theory, Practice Epidomiol Rev, 15 (1993), pp. 265-302;  M.
    Doherty, P. Buchy, B. Standaert, C. Giaquinto, D.  Prado  Cohers,
    Vaccines Impact: Benefit for Human Health,  Vaccine,  Volume  34,
    Issue 52, 20 December 2016, p. 6707-6714; S. Salmaso,  I  vaccini
    come strumento di prevenzione, cit. 

(6) P.E. Fine, Herd Immunity:  History,  Theory,  Practice  Epidemiol
    Rev, 15 (1993), pp. 265-302; S. Salmaso, I vaccini come strumento
    di prevenzione, cit. 

(7) Cfr. I. Cavicchi, Vaccini. Non  basta  ridurre  il  numero  degli
    obbligatori,  serve  un'alleanza   terapeutica,   in   Quotidiano
    sanita',               3               luglio               2017,
    http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?artic
    olo_id=52302&fr=n,   dove    viene    radicalmente    contestata,
    confrontando sia gli indici  dell'OMS  sia  la  piu'  accreditata
    letteratura scientifica, l'indicazione della soglia del  95%  per
    l'effetto gregge da parte dell'ISS. 

(8) http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.a
    spx?id=217494 

(9) http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/dati_Ita.asp 

(10) Cfr.                                                 http://www.
     regione.veneto.it/web/rete-degli-urp-del-veneto/vaccinazioni 

(11) Ministero  della  Salute,  dato  al  2016,  coorte   del   2014.
     www.salute.gov.it 

(12) http://www.epicentro.iss.it/problemi/morbillo/Infografica2017.as
     p 

(13) C. Colapietro, La  valutazione  costi-benefici  nei  trattamenti
     sanitari obbligatori: il bilanciamento  tra  gli  interessi  del
     singolo e quelli della collettivita', in  Aa.Vv.,  Vaccinazioni:
     obbligo o liberta?, Forum internazionale, Napoli, 2017,  p.  68,
     consultabile                                                  in
     http://www.luimo.org/images/forum/Napoli_forum_vaccinazioni_it.p
     df.; nello stesso  senso,  v.,  gia',  R.  D'Alessio,  I  limiti
     costituzionali  dei  trattamenti  «sanitari»,   in   Diritto   e
     Societa', 1981, p. 546 e seguenti, e V. Caianiello, Limiti delle
     prestazioni idrotermali nel quadro del diritto alla salute e del
     diritto di scelta del cittadino, in  Nuova  Rassegna,  1985,  p.
     827. 

(14) Sulla  persona  umana   come   valore   centrale   nel   sistema
     costituzionale, al quale tutti gli altri si  riportano,  v.,  ex
     multis, A. Barbera, Commento all'art. 2,  in  Commentario  della
     Costituzione a cura di G.  Branca,  Bologna,  1975,  p.  91;  N.
     Occhiocupo, Liberazione e promozione umana  nella  Costituzione.
     Unita' di valori nella pluralita' di posizioni, Milano, 1988, p.
     68  e  seguenti;  A.  Baldassarre,   Diritti   inviolabili,   in
     Enciclopedia Giuridica, XI, Roma, 1989;  A.  Pace,  Problematica
     delle liberta' costituzionali - Parte  generale,  Padova,  1990,
     passim; L. Carlassare, Forma di Stato e diritti fondamentali, in
     Quaderni Costituzionali, 1995, 1, p. 45. 

(15) R. Dworkin, La  democrazia  possibile.  Principi  per  un  nuovo
     dibattito politico, Milano, 2007, pp.  28-29.  Cfr.  inoltre  G.
     Marini, Il consenso, in S. Rodota'  e  P.  Zatti  (diretto  da),
     Trattato di biodiritto, vol. I; S. Rodota' e M.  Tallacchini  (a
     cura di), Ambito e fonti del biodiritto, Milano, 2010,  pp.  381
     seguenti 

(16) Gli articoli 5, 6 e 9 della Convenzione di  Oviedo  sui  diritti
     dell'uomo e la biomedicina sono contenuti al capitolo II recante
     «Consenso», e sono rispettivamente rubricati  «Regola  generale»
     (art. 5), «Protezione delle persone che non hanno  la  capacita'
     di  dare  consenso»  (art.  6),  e   «Desideri   precedentemente
     espressi» (art. 9). 

(17) Cass. civ. Sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748, punto  7.2:  «Ora,
     e' noto che, sebbene  il  Parlamento  ne  abbia  autorizzato  la
     ratifica con la legge 28 marzo 2001, n. 145, la  Convenzione  di
     Oviedo non e' stata a tutt'oggi ratificata dallo Stato italiano.
     Ma da cio' non consegue che la Convenzione sia  priva  di  alcun
     effetto nel nostro ordinamento. Difatti, all'accordo valido  sul
     piano internazionale, ma non ancora eseguito  all'interno  dello
     Stato, puo' assegnarsi - tanto piu' dopo la  legge  parlamentare
     di autorizzazione alla ratifica - una  funzione  ausiliaria  sul
     piano interpretativo: esso  dovra'  cedere  di  fronte  a  norme
     interne  contrarie,   ma   puo'   e   deve   essere   utilizzato
     nell'interpretazione di norme interne al fine di dare  a  queste
     una lettura il piu' possibile ad esso conforme.  Del  resto,  la
     Corte costituzionale, nell'ammettere le richieste di  referendum
     su alcune norme della legge 19 febbraio 2004, n. 40, concernente
     la  procreazione  medicalmente  assistita,  ha   precisato   che
     l'eventuale vuoto conseguente al referendum non si sarebbe posto
     in  alcun  modo  in  contrasto  con  i  principi   posti   dalla
     Convenzione di Oviedo del 4 aprile  1997,  recepiti  nel  nostro
     ordinamento  con  la  legge  28  marzo  2001,  n.   145   (Corte
     costituzionale, sentenze n. 46, n. 47, n. 48 e n. 49 del  2005):
     con cio' implicitamente confermando che i principi da essa posti
     fanno gia' oggi parte del sistema e che  da  essi  non  si  puo'
     prescindere.». 

(18) Cfr.
     http://www.regione.veneto.it/web/rete-degli-urp-del-veneto/vacci
     nazioni 

(19) Cfr. http://vaccinarsinveneto.org 

(20) DGR Veneto  n.  3139  del  14  dicembre  2010,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=229351 

(21) DGR Veneto  n.  3139  del  14  dicembre  2010,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=229351 

(22) DGR Veneto  n.  3139  del  14  dicembre  2010,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=229351 

(23) DGR Veneto  n.  3664  del  25  novembre  2008,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=211577 

(24) DGR Veneto  n.  3139  del  14  dicembre  2010,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=229351 

(25) DGR Veneto  n.  3139  del  14  dicembre  2010,  consultabile  in
     http://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.
     aspx?id=229351 

(26) Regione Veneto, Report sull'attivita' vaccinale dell'anno  2016.
     Copertura  vaccinale  a  24  mesi  (coorte  2014),  marzo  2017,
     consultabile                                                  in
     https://www.regione.veneto.it/web/sanita/monitoraggio-vaccinazio
     ni 

(27) Regione  Veneto,  Report  sul  monitoraggio  della   sospensione
     dell'obbligo vaccinale. Dati sulle  coperture  vaccinali  per  i
     nuovi  nati  aggiornati  al  31  marzo  2017,  consultabile   in
     https://www.regione.veneto.it/web/sanita/monitoraggio-vaccinazio
     ni, p. 14 

(28) Dati  EpiCentro,  portale  dell'epidemiologia  per  la   sanita'
     pubblica, a cura del Centro nazionale per la  prevenzione  delle
     malattie e la promozione della salute dell'Istituto superiore di
     sanita',                     consultabili                     in
     http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/dati_Ita.asp.  Per
     le restanti  vaccinazioni  raccomandate,  inoltre,  i  tassi  di
     copertura in Veneto non  si  discostano  di  molto  dalla  media
     nazionale: pertosse 92% (media nazionale:  93,55%);  Hib  91,26%
     (media nazionale: 93,05%); pneumococco 84,46%  (media  nazionale
     88,35%) - i dati EpiCentro si  riferiscono  sempre  alla  coorte
     2014 

(29) Progetto «Indagine sui  determinanti  del  rifiuto  dell'offerta
     vaccinale nella Regione Veneto», Report di ricerca, Analisi  dei
     dati e indicazioni operative (DGR n. 3664 del 25 novembre 2008 -
     allegato B) (del. Az. ULSS  20  n.  278  del  27  maggio  2009),
     consultabile                                                  in
     https://prevenzione.ulss20.verona.it/iweb/1324/argomento.html,
     p. 6. 

(30) Ivi, pp. 46-47. 

(31) Consultabile                                                  in
     https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr
     .aspx?id=334537 

(32) Modugno, Trattamenti sanitari «non obbligatori» e  Costituzione,
     in Dir. e Soc., 1981, p. 310 

(33) D'Alessio, I limiti costituzionali dei  trattamenti  «sanitari»,
     in Dir. e Soc., 1981, p. 540. 

(34) Cfr. Paladin, Il territorio degli enti autonomi, in  Riv.  trim.
     dir. pubbl. 1961, pp. 658, ss., dove di  precisa  che  gli  ente
     territoriali   autonomi   si    caratterizzano    «per    essere
     rappresentativi delle popolazioni stanziate sui loro territori». 

(35) Usa questa espressione Sicardi,  Essere  di  quel  luogo.  Brevi
     considerazioni sul significato di territorio e  di  appartenenza
     territoriale, in Pol. dir., 2003, p. 122. 

(36) Sturzo, La regione nella nazione, (1949), ora  in  Opera  omnia,
     Bologna, p. 19. 

(37) Grossi, Societa', diritto, Stato. Un recupero  per  il  diritto,
     Milano, 2006, p. 214. 

(38) Cfr. I. Cavicchi, Vaccini. Non basta  ridurre  il  numero  degli
     obbligatori, serve un'alleanza terapeutica, cit.